Ci sono vini per cui puoi permetterti uno dei più grandi lussi di cui si possa godere oggi in quest'era vinicola postmoderna, postdigitale e postideologica, e cioè bere senza "dover pensare". Già, perchè il fatto di porsi davanti ad un vino con l'atteggiamento curioso e al contempo umile di chi desidera distillarne il territorio e lo spaccato umano che esso sottende, è spesso uno sforzo che non ci possiamo permettere. Ci viene in soccorso il Bianco di Sicilia "
SP68" della pluridecorata Arianna Occhipinti, una giovane donna del vino che trovo tanto splendida come persona prima che come vignaiola da non potermi prodigare in commenti e descrizioni, pena l'essere tacciata di evidente parteggiamento per amicizia.
Albanello e Moscato di Alessandria, in perfetto equilibrio nelle vigne che disegnano circuiti alieni tra le ombre sottili dei muretti a secco, quelli con le pietre iblee che trattengono come contorni infantili i terreni di sabbia calcarea che scintillano al sole. Un vino che porta il nome in sigla di una Strada Provinciale, l' "SP68", battuta nei secoli prima dai carri, poi dalle macchine, sempre con i loro carichi agricoli, i frutti di questo angolo di Sicilia teso tra Vittoria e il mare. Arianna fa agricoltura biologica qui, o "Triple A", ma più che altro ama la terra vitata attorno alla sua casa, dove il suo cane Rocco può accompagnarla nelle passeggiate al tramonto respirando la natura. L'uva è raccolta con il tepore rigenerante di ottobre, e dopo una macerazione di 10 giorni passa in inox per 6 mesi, da cui senza filtro arriva alla bottiglia Un vino gentile e scattante, spensierato per i suoi profumi così delicati e aromatici: fiori bianchi, camomilla, pesche bianche maturate al sole, e il sorso è diretto e fresco, è mare, è limone e menta con finale di miele di tiglio. Appagante nella sua semplicità, senza troppe riflessioni.