Didier Gerbelle alleva vitigni autoctoni. Questo piccolo vigneto, impervio quanto lo si può immaginare in Valle, erutta Petit Verdot e Cornalin, Fumin e il raro Premetta al ritmo di un grappolo per pianta, e pochi quintali per ettaro. Si chiama Tsancoignen, e sta ad Aymavilles. Roba che picchia quarant'anni all'anagrafe.
Totale: un vino blu, solo vagamente porpora sul segno, torbido e bruno nel cuore. Bello, e bello assai. Materia sul vetro e subitanee asprezze nel naso: quasi borderline. Invece l'aria che vortica nel bicchiere estrae questi tumulti di tappeti vecchi, frutta rosse raccolte di fretta e prima del tempo, camini rimasti spenti troppo a lungo, chiese frequentate solo nelle feste comandate. Profondo e umbratile, quasi muschioso, quasi pietre da pozzo o corteccia d'alberi dal lato nord.
E l'assaggio. L'assaggio che viene avanti come una zagaglia trasversale, e ti lascia il dubbio d'aspra dolcezza o dolce asprezza. E ne bevi e ne bevi, fieramente dimentico di quei 14 gradi che tengono alto il finale, squillante.
Bel bicchiere. Ce n'è poco, ed è per pochi innamorati. Primo chi scrive.