Una di quelle bottiglie che vorresti adescare alla cieca, per non essere "orientato". Nel bene e nel male, un Brunello, con tutte le maiuscole al loro posto di Casa Biondi-Santi, richiede un impegno quasi olimpico del degustatore, che nel raccontarlo attraversa un'autostrada a quattro corsie nell'ora di punta. Senza giubbino fluo.
Per parlare di Brunello Greppo 2003, quindi, dovresti avere a menadito la situazione delle parcelle di Montalcino, le esposizioni, le situazioni, le agnizioni. Non ho nulla di tutto questo ma mesco.
E guardo il bicchiere imbiondire con le ore, che dopo tre o quattro compare una velatura granata: ma poco, che i dieci anni non infliggono ancora vecchiezze a questo sussiegoso bicchiere.
Il naso - unica concessione all'età - resta molto lineare: stabile, non attinge all'ossigeno delle ore per giustificare una vitalità che nel sorso, tra pochi minuti, apparirà reboante. Ha i frutti, con l'amarena in primo piano, e spiritosa. Ha la parte calda ed elevata che sfugge, mentre i fiori che attendi tardano a comparire. Tutto pare in ordine, issato sul terreno dell'elegaza icastica e preordinata: solo un inghippo cavallino là in fondo chiude l'aroma in un angolo, spegnendosi. Strabiliante la forza che tracima il bicchiere ed esonda sul tavolo a decimetri di distanza.
L'assaggio regala il meglio di sè entro un paio d'ore dall'apertura, dopo di che perde un po' di smalto. Ti farà felice quella tensione che attraversa tutto il sorso asciugando la polpa in una galoppata convinta, incisa senza essere gràve. Soprattutto la seconda parte è raffreddata da una rasoiata di acidità nervosa, in cui tannini sottili e ficcanti serpeggiano lucenti. Finale che si slarga.
Curioso il finale di partita, in cui il bicchiere rimane fino martellante di furia esala i suoi ultimi palpiti con mano ancora ferma.
2003 annata calda, diranno i saggi.