Era destino che prima o poi dovessi parlarvi di questo
Barolo, prodotto da una piccola
boutique winery familiare da 50 mila bottiglie (vinificazione esclusivamente di uve di proprietà) posta in quel villaggio universalmente vocato e giustamente celebrato che è Monforte d’Alba. Questo
Castelletto 2009, che i Manzone (cognome piuttosto diffuso in zona), ovvero Giovanni e suo figlio Mauro, recenti studi alla scuola enologica di Alba, producono nella loro cantina di Monforte, mi aveva già colpito a maggio quando l’avevo degustato, ovviamente in regime di degustazione alla cieca, nel corso degli assaggi seriali dei Barolo 2009 nell’ambito di Nebbiolo Prima.
Arrivati i mesi estivi ed il caldo, non proprio inclini ai consumi baroleschi, avevo messo da parte gli appunti e la foto della bottiglia, riservandomi di tirarli fuori arrivato l’inverno. Cosa che faccio puntualmente ora, spinto da un altro elemento positivo, il fatto che nella
mia degustazione di 45 Barolo 2009 fatta a Londra per
la rivista inglese The World of Fine Wine la scorsa settimana, ovviamente in situazione di
blind tasting, quel vino si sia classificato, pari merito con altri quattro, al secondo posto assoluto, con un punteggio di medio 17/20, nella degustazione fatta con due colleghi britannici, Andrew Jefford e Nicolas Belfrage.
Cos’ha di speciale questo Barolo Castelletto? Innanzitutto che è davvero buono, ben fatto, in stile moderatamente tradizionale, con 15 giorni di macerazione e affinamento in botti da 35 ettolitri, da vignaioli che onorano la loro terra con spirito di servizio e umiltà, e soprattutto, se di “segreto” si vuol parlare, che proviene da un
terroir speciale, una vigna, Castelletto, che si affaccia su Serralunga d’Alba, che era già piantata a vigna oltre un secolo fa e non è stato piantata a Nebbiolo, dove magari prima c’erano bosco o noccioleti, come è accaduto con troppe vigne che sono sorte negli ultimi vent’anni in terra di Langa, ed era vitato a Nebbiolo quando nel 1925 Giovanni Manzone, antenato dell’attuale Giovanni, acquistò l’azienda agricola.
Un vigneto di circa un ettaro, altezza sul livello del mare intorno ai 400 metri, e grande pendenza, che nel 1990 è stato estirpato, lasciato 9 anni libero per favorirne il riposo e il recupero, e poi ripiantato nel 1999. Un’altra caratteristica che vale la pena ricordare è che su questa vigna sono stati piantati alcuni cloni di Nebbiolo che non necessitano di diradamento in quanto la pianta si auto bilancia e produce una quantità molto limitata di uve. Grappoli piccoli, buccia spessa, grande colore, tannino e qualità. I Manzone sono sicuri che questo è e diventerà un vigneto sempre più importante per la loro azienda.
Castelletto secondo
I cru di Enogea e la classificazione fatta da Alessandro Masnaghetti, costituisce una “zona ristretta la cui fascia centrale è da tempo conosciuta con il nome di Pressenda” e un tempo Castelletto costituiva un comune autonomo, proprio come Perno, di cui era frazione, dove si trova un altro cru non notissimo ma eccellente, Santo Stefano.
Il vino, 6000 bottiglie, venduto franco cantina agli operatori a 19 euro+Iva, che in enoteca salgono a 40-45 euro, mi è piaciuto, a maggio come ora, perché abbina la potenza e la struttura dei Barolo di Monforte e di Serralunga d’Alba, alla finezza e alla complessità aromatica che trovo e apprezzo moltissimo nei Barolo di Castiglione Falletto e Verduno. Un vino già molto piacevole ora che è giovane, e che sicuramente avrà una grande evoluzione in bottiglia, conservato con ogni cura nelle vostre cantine, nei prossimi 10 anni e più. Questo perché il 2009 non mi sembra un millesimo da lunga ma non lunghissima gittata.
Bello il colore un rubino intenso di notevole densità e concentrazione, e un naso intenso e succoso, con grande concentrazione di frutto, prugna più che ciliegia o ribes e lampone, e un’ampia gamma di sfumature, che vanno da una bella vena mentolata fresca ad accenni liquirizia e sottobosco, ad una speziatura leggera, ad accenni floreali, di tabacco, cuoio, pepe nero, fino a note terrose e selvatiche. In bocca mostra una bella succosità fresca e viva acidità ben bilanciata, tannino presente ma non aggressivo e ben fuso con il frutto, una buona ampiezza e consistenza sul palato, persistenza lunga e terrosa e ricchezza di sapore. Gran bel Barolo, non c’è che dire…