Da due ore sto cercando di fare amicizia con questo Nus, che per la verità amico si fa fare subito. Sarà paerchè i frutti che lo compongono sono sconosciuti al limite del misterioso. Vini rari dice di sè Giulio Moriondo, ed è difficile non essere d'accordo con lui: l'Oriou Gros e Picciou, Cornalin io non li ho mai sentiti nominare nemmeno nei sogni più belli. Epperò l'uva è quella lì, da vigneti di mille anni, dice. A 600 metri slm, dice, a Quart, dice, che non è Quarto dei Mille, anche se meno di mille sono i Flacon di questo Nus. Pare.
Il Nus è di cuore spento ma non pallido: per dire un rubino appannato, e velato pure. E non pare fitto, e non è filtrato, e si arrampica sul vetro con vigore, e brilla di luce. E sprigiona profumi di frutto che stordiscono per intensità e linearità. E altre cose a sehuire, come l'alzata di uno scrittoio vecchio, in cui qualcuno abbia dimenticato inchiostri e solventi. Sopra tutto avanza una sensazione di mosto, chiara e vincente, che fa aggio su tutto in giovinezza.
E che torna all'assaggio, subito preponderante: che t'aggrappa ti porta avanti in un sorso gajo, splendente. Niente di rampinato, niente d'acchiappante, ma un andare convinto e diritto, con chiarezze fini e consistenti. La seconda parte del sorso fa bene, fa bene e dice bene fino ad una chiusura che riposta il frutto, ma come intenzione. Sotto c'è molto di più di più di serio e preciso.
Bicchiere inusuale, e bello.