Buone nuove dal fronte, ormai variegato, composto da qualcosa come 40 cantine diverse, alcune dalla produzione confidenziale e limitatissima purtroppo, del
Trento Doc, come mi ha confermato una degustazione di una sessantina di vini fatta giusto una decina di giorni orsono. Bene Dosaggio Zero (Pas Dosé e Nature: i bravi trentini non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su un’unica definizione per questa tipologia alla quale stanno dedicando crescente attenzione) ed Extra Brut, i Brut con risultati diversi, a seconda della resistenza o del cedimento alla tentazione di sfruttare i potenziali 9 grammi di zucchero consentiti dalla tipologia.
Quanto ai Rosé, ne avevo a disposizione solo dodici (con due assenze molto significative di vini che pongo in cima alla scala di questa modalità di Trento Doc), due dei quali, sfortunatamente messi fuori gioco da seri problemi di tappo, ma posso dire che nei dieci restanti ho trovato un livello qualitativo superiore a quello trovati negli anni scorsi. Certo, qualche “testone” insiste a produrre Rosé molto rotondi, dolcioni e caramellosi, pensano che possano piacere di più (ma a chi?) ma cresce, se Bacco vuole, il numero dei Trento Doc Rosé che se la possono giocare, quasi alla pari, con gli omologhi della Franciacorta e con qualche Cruasé oltrepadano ben fatto. O con il sommo Extra Brut Rosé di Bruno Giacosa.
Tra i più buoni nel mio tasting ho trovato il vino di un’azienda storica, attiva in Lavis (a nord di Trento) dal 1945, quando venne fondata da Giovanni Simoni e che oggi, giunta alla terza generazione, è condotta da Lorenzo Simoni. Parlo delle
Cantine Monfort, che hanno sede nel centro storico di
Lavis presso il palazzo Monfort, un tempo residenza dei Conti de Melchiori. Recentemente Simoni, con un’intelligente azione imprenditoriale ha rilevato l’attività di un posto bellissimo dove in passato si è prodotto dell’ottimo Pinot nero e del valido Chardonnay, il
Maso Cantanghel di Civezzano (dove nel piccolo ristorante opera ancora ai fornelli Lucia Gius) e credo che il futuro ci riserverà ottime sorprese.
Tornando alle Cantine Monfort va detto che vinificano solo uve provenienti dalla Val di Cembra, dalle colline sopra Lavis e Trento, da Mezzocorona, Volano e Isera coltivate con sistemi di produzione integrata nel rispetto dell'equilibrio biologico della natura.
Il nostro
Trento Doc Rosé, viene prodotto con Pinot nero e Chardonnay proveniente dalle zone collinari, altitudini tra i 500 e i 600 metri, di Pergine Valsugana, vigneti posti su terreni franco sabbiosi e che nelle fasi di vinificazione è previsto che una piccola parte del mosto venga fermentata direttamente in barriques francesi dove rimane fino al momento del "tiraggio", operazione che viene fatta nella primavera successiva alla vendemmia. L’affinamento sui lieviti è di 24 mesi.
Anche senza entusiasmarmi come hanno (quasi) fatto altri vini, segnatamente quelli di Endrizzi, Cantina di Toblino, Opera Valdicembra e Balter, il Rosé di Cantina Monfort mi è piaciuto per il suo colore, un rosa pallido, rosa antico-cipria, molto fascinoso, il perlage fine e continuo, il suo naso succoso e salato con una bella finezza ed eleganza con piccoli frutti e rosa di bosco in evidenza, il gusto secco e incisivo che potrebbe esserlo di più ricco di nerbo e dinamico, con un filo di dosaggio degli zuccheri in meno, e bella persistenza lunga e piena, equilibrata, golosa, che invita a bere. E ad accostare ad antipasti freddi e restando in Trentino a pesci di lago o di torrente, un bel salmerino o una trota in primis.