Certo parlare di Cavit farà storcere il naso ai profeti del Piccolo-è-bello: 65 milioni di bottiglie sono un vero fiume di vino. Però c'è un però: cercando notizie sull'azienda si atterra sul sito dove in bella vista è pubblicato il bilancio - attivo - della cooperativa. Una presa di posizione di certo positiva nel paese in cui puoi chiedere di tutto a tutti, tranne la dichiarazione dei redditi.
Insomma se nell'immaginario dei wine-lovers Cavit non rappresenta il Nirvana, dall'altra ecco una realtà produttiva che manifesta tensione verso la qualità: la collaborazione con l'Istituto Enologico di San Michele all'Adige Edmund Mach vorrà pur dire qualcosa. E parlare stretti con l'enologo di questo colosso fa il paio: "Venite in azienda, venite a vedere come lavoriamo, magari vi fate un'idea diversa". Un invito da accogliere quanto prima.
Ora questo Altemasi, con la sua spuma grande, ricca, reboante. Chardonnay 100%, fermentazione anche in barriques, lungo riposo, dosaggio moderato. Giallo intenso, denso di venature grigie, perlaggio fine e continuo, quasi geometrico.
Il naso risuona di zucchero filato, caramello e palesa un certo senso di maturità. Ecco. il ricordo del carbone dolce di Natale.
L'assaggio ha tanto sale, me si ferma subito: l'attacco è vigorosissimo, e abbraccia bene il palato fin dal primissimo istante. Prende; poi si rilassa in una parabola che tiene effervescenza e ripresa solida, e un finale colorato di moderata sfumatura, più nella tonalità di un arancione acrilico.
Sbarazzino eppur non sdrucciolevole, gajo aperitivo.