Qualcuno, a ragione, dirà che sono monotono. Qualcuno dirà, forse, ma sta sbagliando di grosso, che sto lanciando un messaggio subliminale e “politico” con il continuare ad occuparmi, come ho già fatto, e questa è la terza volta, di vini base Grillo. Ma che ci volete fare? Io quando mi imbatto in un vino ben fatto base Grillo e quando incontro una bella donna perdo la trebisonda.
E così quando recentemente a Milano, invitato da una bellissima e brava pr, in uno scenario da mille e una notte, il Palazzo Serbelloni già sede di un Circolo della Stampa cui mi legano tanti ricordi (mi sembra ancora di sentire la voce inconfondibile di Indro Montanelli parlare in qualche convegno cui assistetti) e ora della prestigiosa Fondazione Serbelloni, ho partecipato, ad una raffinata presentazione dei vini dell’azienda produttrice, Valle dell’Acate, non ci ho capito più niente. Perché il posto era da sogno, la produttrice, Gaetana Jacono, una donna altrettanto bella, raffinatissima ed elegante e capace di esprimere pensieri come “il vino da sempre ha accompagnato l’uomo nella storia. Il vino è cultura. La cultura è un filo che risale la storia e non si interrompe mai, si tramanda, si prende dal passato e si porta nel futuro”, ed i vini, ed in particolare quello che vi proporrò, ‘o Grillo, frutto della novella collaborazione con il grande enologo piemontese ma di lunga esperienza sicula Carlo Casavecchia, da standing ovation.
Da urlo, ne devo scrivere, il Frappato, da omonime uve in purezza, nuova versione annata 2014, succoso, tannico al punto giusto, di contagiosa piacevolezza, stupendo il Cerasuolo di Vittoria Docg (sintesi calibrata di Nero d’Avola e Frappato), vino simbolo dell’azienda, annata 2012, ma m….a! che buono ‘stu Grillo Zagra (nome che in siciliano designa la zagara, il fiore bianco degli agrumi) 2014, ennesima esaltazione della grandezza di una grande uva identitaria come ‘u Grillo, presente soprattutto in Sicilia occidentale e nel marsalese, tanto da costituire, insieme all’Inzolia e al Catarratto (giù il cappello anche davanti a queste uve) la spina dorsale di uno dei più grandi, anzi superbi, vini italiani e del mondo, ripeto, del mondo, il meraviglioso Marsala. Le cui migliori espressioni spesso sono Grillo in purezza.
Due parole su Valle dell’Acate, cantina di proprietà della nobile famiglia Jacono, “dedita da sempre alla viticoltura e alla produzione vitivinicola sin da quando Vittoria era il centro siciliano più attivo nell’esportazione del vino destinato al mercato francese, alla fine del XIX secolo”. Un’azienda che oggi “condotta dall’ultima generazione della famiglia Jacono e dalla famiglia Ferreri, è una delle realtà più importanti nel panorama enoico della Sicilia sud orientale, impegnata nel proseguire e valorizzare l’antichissima tradizione vitivinicola della provincia di Ragusa, nel triangolo di territorio tra Acate, Comiso e Vittoria”.
Produzione annua di circa 400.000 bottiglie per una realtà che “sorge nei pressi di Acate, cittadina della provincia di Ragusa, nel lembo della Sicilia Sud Orientale che vanta un patrimonio naturalistico, artistico e architettonico unico al mondo. Un viaggio attraverso un territorio nuovo e insolito da dove lo sguardo può spaziare su luoghi lontani fino a fermarsi all’orizzonte sulla lunga catena degli Iblei, quasi ad indicare l’antico cammino dal mare ad Acre, a Casmene a Camarina”.
A Valle dell’Acate, lo indica bene il progetto 7 terre per 7 vini, producono vini in base al tipo di terre di cui dispongono. Per il loro Grillo hanno scelto dei vigneti posti su terra gialla, che si trovano sulla costa, quindi vicini al mare e ben ventilati, e dove la terra presenta una struttura con il suolo sabbioso-argilloso dal caratteristico colore giallo. Terreni abbastanza leggeri che danno ai vini freschezza e complessità dei profumi e una naturale sapidità e mineralità.
Pertanto da vigneti situati in territorio di Bidini, Acate e Ragusa, a 180 metri di altezza, allevati a controspalliera e cordone speronato, affinati rigorosamente solo in acciaio, la Valle dell’Acate’s band ha tirato fuori un Grillo in purezza, che suggerisce di abbinare a frutti di mare, fritture di pesce e di verdure, tempura, caponata di verdure, ma che io mi berrei anche con il baccalà a puà, pardon pois, che mi ha soggiogato, corredato da un’etichetta raffinata come Madonna Gaetana e la sua p.r. Francesca Pelagotti.
Un bianco, imbottigliato il 21 gennaio (quasi due mesi prima del mio incontro con lui) che mi ha letteralmente emozionato, sin dal suo primo assaggio e di cui continuavo a cantare le lodi insieme agli amici e maestri Cesare Pillon ed Enzo Vizzari che erano meco (con altri, ça va sans dire) a questa memorabile presentazione milanese.
Colore giallo paglierino intenso e brillante ed un tappeto di fiori, zagare, gelsomino, rose, con accenni di pesca bianca e mandorla e anice e poi tanto sale e note minerali, in una cornice di eleganza, fragranza, di ampio e aereo respiro, per un vino il cui naso ti si accampa fisso nella mente come un grato ricordo.
E altrettanto buono, ma che dico, di più, al gusto, asciutto e ben secco, virile, deciso, ma con una sua suadente dolcezza espressiva, ricco di nerbo, scattante, con una perfetta corrispondenza a quanto annunciato nei profumi ed un retrogusto che amplifica la mineralità, con una lunghezza di sapore, una persistenza, davvero da vino di carattere superiore…
Una bocca resa così viva dal sale, dal nerbo acido, dalla profondità, dalla sua quieta armonia da lasciarti senza fiato. Merito del vino o piuttosto (la mia adorata Lei non mi ascolta…) delle due Signore, la padrona di casa e la sua bravissima ufficio stampa?