Segnare il millesimo sulle bottiglie di Lambrusco è più o meno un esercizio di stile: l'autoclave ti consente di prendere la schiuma quando vuoi, simulando le condizioni climatiche ideali. Si chiama "Metodo Martinotti".
Il Lambrusco rifermentato in bottiglia invece fa la presa di spuma quando gira la luna giusta, la temperatura giusta. Il Pozzoferrato fa parte di questa categoria.
E' scuro. Scuro. Tinge bene il vetro, come facevano i lambrusconi del nonno, aspri fino a spellare le gengive.
Invece il Pozzoferrato. Ha il naso ambiguo terra-cielo pieno di cose ematiche e ferruginose e di angoli dimenticati di case di campagna,e certo la frutta rossa e certo qualche traccia - non isolo intuita - di confettura. E le prugne california.
Poi c'è quell'assaggio scorbutico, che prende subito con un tratto di cartavetrata: che non accenna a redimersi anzi viaggia su una traccia decisa, alcoolica, zuccherina, financo - tratti - salata. Come una ganache, se ci fosse cioccolato.
E poi la bottiglia è finita.