Rubino, rubinissimo, rubino da morire, fugacemente scarlatto sul bordo. Schiarisce l'unghia e folgora il cuore, squillante di rossi.
Qauntomeno: terso, e ardito nelle verticali.
Naso che va atteso, tanto è poderoso l'imprinting animale: selvatico a nastro, muschioso di muffa di cantine profonde, poi terra e foglia morta, e poi la grevità di una psecie di gibier, poi un largo spiritismo in evoluzione.
Vecchio e vivissimo.
Poi l'ossigeno eleva le frappe di questo bicchiere irriverente, per aspera ad astra. La nota ferina si abbandona ad una bocca piccante subito, rovente. Fitta di spilli succosi ed obliqui, tirati a tutto orizzonte fino al centro del sorso, imperiosamente scaltro. Asciutto ma diritto come fusto di cipressi.
Alla chiusura si affacciano memorie balsamiche, come d'eucalipti.
Colossale.