Riesco finalmente ad ovviare, con questo articolo (altri ne seguiranno presto) ad una clamorosa lacuna, quasi imperdonabile per una rubrica che si occupa di vini rosati, ovvero non aver ancora scritto, in sei mesi di uscite, di un rosato abruzzese. Questo nonostante sia perfettamente consapevole che l’Abruzzo è, con la Puglia (e l’area gardesana), la zona storica di produzione dei più classici rosati italiani, soprattutto per merito di un’uva, il Montepulciano, che non solo esprime grandi rossi (freschi e fruttati oppure di ben maggiore spessore e caratura) ma si esalta come base per ottimi vini rosati. Pardon, come dice splendidamente il nome, Cerasuolo.
Per porre rimedio a questa che non è stata una dimenticanza (e come potrei mai scordarmi?), ma un semplice intrecciarsi di circostanze che mi hanno sinora impedito di attribuire all’Abruzzo e ai suoi vini lo spazio che meritano, ho pensato di ricorrere ad un Montepulciano Cerasuolo non di nicchia, o magari non facile da trovare, ma ad un Cerasuolo di livello più che buono, uno dei vari presenti in gamma, proposti da un’azienda che in terra abruzzese con i suoi 3000 soci conferitori di uve e 6000 ettari di vigneti coltivati (un terzo dell’estensione vitata regionale) costituisce un indubbio punto di riferimento del panorama produttivo regionale.
Sto parlando del
Consorzio Citra Vini che riunisce nove cantine sociali tutte situate in un territorio storica culla del Montepulciano d'Abruzzo e del Trebbiano d'Abruzzo, ovvero la provincia di Chieti, la seconda provincia italiana e la prima in assoluto in Abruzzo per la quantità raccolta di uva. A coloro che viste le dimensioni di questa cantina di secondo grado fondata giusto quarant’anni orsono sarebbero indotti a storcere il naso preferendo boutique wineries molto più piccole, voglio suggerire di provare prima di eventualmente criticare, perché ci troviamo di fronte ad una realtà produttiva che con il rosato, pardon, il Cerasuolo, fa sul serio.
Lo fa con il più impegnativo e ambizioso Montepulciano Cerasuolo
Omen, che in fase di affinamento fa un piccolo passaggio in legno, e con l’altro Montepulciano Cerasuolo
Esor e lo fa con questo Montepulciano Cerasuolo, della collaudata gamma
Palio, di cui ho degustato, e gustato, l’annata 2012. Ovviamente Montepulciano in purezza le uve, tutte provenienti dall’areale collinare chietino che godono di condizioni microclimatiche che variano dal pede-montano del Monte Majella, alle dolci colline fino a giungere all'alta fascia della costa Adriatica, terreni calcarei argillosi a falde. Resa per ettaro contenuta in 65 ettolitri e vinificazione classica, che vede il mosto ottenuto da spremitura soffice delle uve, dopo un breve contatto con le bucce a bassa temperatura, viene fermentato a temperatura controllata, con affinamento esclusivamente in acciaio.
Il risultato è un Montepulciano Cerasuolo Palio davvero cerasuolo melograno nel colore, con vividi riflessi rosa e grande brillantezza, dal naso succoso, profumato di ciliegia leggermente matura e lampone, con una sottile sfumatura floreale e una nitida vena di mandorla che impreziosisce un bouquet accattivante e fragrante come si conviene.
Attacco in bocca vivo, di grande energia, ed il vino si apre bene sul palato con buona consistenza fruttata, una certa rotonda succosità che richiama la pesca noce e ancora la mandorla, ma alieno da morbidezze eccessive e “sdolcinature” ma ben secco e di nerbo preciso.
Un Montepulciano Cerasuolo pienamente affidabile, di ottimo equilibrio e piacevolezza (una di quelle bottiglie che quando si stappano le si beve sino in fondo), di interessante lunghezza e persistenza e una spiccata sapidità, che abbinerete, come consiglia la Citra, a “primi piatti e carni bianche, zuppe di pesce, crostacei e formaggi semi-stagionati”, verdure grigliate, melanzane alla parmigiana e riso in insalata e, vivaddio!, alla pizza. E considerato che il vino ha un prezzo ampiamente al di sotto dei cinque euro come non consigliarvelo?