Questo vino, un
Vermentino della Maremma Toscana, merita una premessa. L’azienda che lo produce si chiama
Tenuta Sassoregale, si trova nell'area collinare interna della Maremma e si sviluppa ai limiti orientali dell'ampia pianura solcata dal fiume Ombrone, nel comune di Civitella Paganico, in provincia di Grosseto, ma la proprietà è veneta. E non un proprietario qualsiasi, bensì il grande gruppo
Santa Margherita, quello del Pinot grigio venduto in milioni di esemplari in tutto il mondo, che oltre alla casa madre e Torresella nel Veneto Orientale, comprende anche la tenuta altoatesina Kettmeir, la franciacortina Ca’ del Bosco, la siciliana Terreliade, le toscane Lamole e Tenuta Sassoregale per un totale di 16 milioni di bottiglie all’anno. Tramite i Tenimenti San Disdagio l’azienda veneta ha acquistato qualche anno fa questa grande tenuta, una superficie totale di 38 ettari, di cui 30 dedicati a vigneto.
La scelta delle uve impiantate, Sangiovese a parte (che è prevalente), ovvero Merlot, Syrah e Cabernet Sauvignon, non avrebbe nulla per entusiasmarmi, perché i vini espressione di questi vitigni internazionali, anche se prodotti sui nobili suoli toscani tendono a lasciarmi, e uso un aggettivo neutro, indifferente. Questo anche se i terreni scelti, come in questo caso, sono ampiamente vocati, di medio impasto, ricchi e profondi, con prevalente frazione argillosa, o con maggior scheletro e frazione sabbiosa nel caso delle vigne di Syrah.
Fortunatamente però i responsabili della Tenuta, oltre a produrre un
Sangiovese, un Merlot e un Syrah in purezza (dell’uso delle uve Cabernet non ho per ora notizie, e la cosa non mi fa perdere il sonno…), hanno pensato bene di piantare anche del
Vermentino, un vitigno che in questo angolo della Toscana talvolta dà risultati stupendi
come ho raccontato qui l’anno scorso, ed i risultati sono stati eccellenti. Tanto da portarmi per la seconda volta nel giro di un anno a stupirmi e complimentarmi per la qualità del lavoro della mega azienda proprietà della famiglia Marzotto.
E così dopo il “tanto di cappello” al Prosecco Superiore Rive di Refrontolo
reso su Lemillebolleblog, ecco un altro mio bravo ai tecnici della Tenuta Sassoregale, che leggo essere caratterizzata “da un paesaggio fatto di rilievi, a forma di anfiteatro, digradanti dolcemente verso la pianura e quindi verso il mare, in un ambiente dove si alternano, quindi, piane assolate, morbidi colli e prati e poi boschi particolarmente rigogliosi”, per questo
Vermentino Maremma Toscana 2013, immagino espressione di vigneti giovani, allevati a Guyot, con oltre 5000 piante per ettaro, da uve raccolte nella prima di metà di settembre dello scorso anno.
La scheda tecnica di cui dispongo io (e che non trovate ancora sul sito Internet, dove l’esistenza del Vermentino non è segnalata…) racconta che “l’uva è raccolta a piena maturazione tecnologica e aromatica allo scopo di esaltarne il potenziale di profumi e struttura” ed in effetti il vino, prodotto con pressatura soffice delle uve, fermentazione in acciaio, dove il vino si affina e arricchisce sui propri lieviti per cinque mesi, è un vino dichiaratamente varietale, ma non solo. Oltre ad alcune note caratteristiche di questa bella uva (ottima in Liguria e Sardegna, talvolta banale e sciapa e invece qualche volta grande in Toscana), la bellezza e la brillantezza del colore, un paglierino verdognolo di media intensità, e la ricchezza del quadro aromatico, con le note agrumate in evidenza, profumi di pesca bianca e mandorla, di fiori bianchi, ma anche note di erbe aromatiche e di macchia mediterranea, a comporre un insieme, vivo e sapido, di bella ampiezza, questo Vermentino convince anche per altri motivi.
Per il suo carattere ben secco e asciutto, ad esempio, e per la totale lontananza dall’idea (suicida) di puntare su uno stile morbido, rotondo e dolce, che sarà anche piacione, dicono, ma a me fa completamente passare la voglia di bere, per una bella articolazione e un vivace dinamismo al gusto, per una buona spinta acida ricca di nerbo, per una certa quale mineralità e ricchezza di sale che dà slancio e persistenza al vino e conferisce equilibrio e piacevolezza. Soprattutto se lo si abbina, come ho fatto io, a piatti a base di pesce. Dove trova, come si suol dire, “la morte sua”. Dando piacere e felicità a chi l’ha stappato.