Premessa doverosa. Se oggi sono a proporvi questo vino non è per merito mio, ma di un caro collega e amico che me l’ha fatto conoscere.
Antefatto. Il 25 agosto, di ritorno dalla Maremma (dove
un vino mi ha veramente colpito) ho fatto tappa in quel borgo bellissimo che è
Castelnuovo Magra, capitale della Doc
Colli di Luni (dove c’è chi produce Vermentino da applausi) per andare a trovare
Salvatore Marchese. Chi sia Salvatore è presto detto. Un giornalista tra i più bravi e seri che io conosca, appassionato, come me, di Barolo (cui ha dedicato
un bel libro che pensa di aggiornare) e cultore di enogastronomia e cultura materiale. E’ autore di parecchi libri, ne cito solo alcuni,
Benedetta patata,
La cucina di Lunigiana,
Castagne a colazione, il bellissimo
Muscoli storie e ricette di cozze nostre e mitili ignoti, di cui
scrissi a suo tempo qui, e altri sulla cucina della Valle d’Aosta, che frequenta intensamente. E’ una persona saggia e perbene di grande cultura, che per me è sempre un immenso piacere incontrare.
Domenica 25, con sua moglie Francesca e i suoi figli, siamo stati a pranzo nel suo paese, ovviamente in quel posto delizioso, che amo senza se ne ma, che è la
Trattoria Armanda, dove si gusta una delle cucine più vere di questo territorio. Su questi
piatti deliziosi siamo soliti bere vini bianchi, con particolare predilezione per i Vermentino di Ottaviano (e Fabio)
Lambruschi. Questa volta Salvatore (ed il patron dell’Armanda, Valerio) mi hanno voluto sorprendere e mi hanno proposto una variante piemontese del loro
vin du pays. Difatti, anche se spesso ce lo si dimentica, la
Favorita, coltivata in maniera complementare all’Arneis nel Roero e, poco, nella Langa del Barolo, non sarebbe altro, dicono gli ampelografi, che una variante
piemunteis del Vermentino (o del Pigato, che poi sarebbe la stessa cosa).
Un’uva, il cui nome fa pensare che sia particolarmente gradita ai viticoltori locali, chiamata affettuosamente anche
Furmentin, per quel suo colore giallo dorato che ricorda il grano al momento della mietitura, che sinora non ha dato i risultati che ha invece dato in Liguria. E nonostante sia inserita, con sotto denominazione con indicazione di vitigno, nella Doc Langhe, non viene particolarmente rivendicata e utilizzata. Ed i risultati che si ottengono non sono particolarmente esaltanti. Anche se sui bricchi del Roero ha trovato la sua terra d’elezione fin dalla fine del secolo XVII - nel 1676 i libri di cantina dei conti Roero di Vezza e di Guarene indicano la vinificazione in purezza di “favurie” - grazie ai terreni più sabbiosi e asciutti, che ne frenano la forte vigoria vegetativa e consentono di portare a maturazione ottimale il suo grappolo dorato, mentre in terreni compatti non raggiunge risultati soddisfacenti e spesso viene attaccata dal marciume grigio prima di giungere a completa maturazione. Però, anche se oggi non viene più considerata solo come un’eccellente uva da tavola come accadeva tra Ottocento e inizio Novecento, e non si pensa a lei come una delle uve bianche più adatte a produrre spumanti, insieme a Cortese e Moscato, o come ottima materia prima per la cura dell’uva, non si può dire che abbia sfondato. Peccato, perché coltivata nei posti giusti e dalle persone adatte dà sorprendenti risultati.
Come mi ha dimostrato, ritorno al mio pranzo di fine agosto all’Armanda, la Langhe Favorita (in quell’occasione bevemmo il 2011) di una piccola esemplare azienda come la
Fratelli Rabino di Santa Vittoria d’Alba, produttrice anche di validi Roero Arneis, Moscato d’Asti, Nebbiolo d’Alba e Roero, da vigne ubicate nei Comuni di Santa Vittoria d'Alba e Monticello d'Alba. Ovviamente su terreni di sedimentazione di natura calcarea, calcareo- marnosa esposti a Sud, Sud-Ovest, dove si trova anche un noccioleto di dieci ettari. La sede dell’azienda, Cascina Valle Spinzo, ha origini antiche: fu bene di proprietà dei Visconti fino al 1700 ed in seguito l'azienda fu acquistata da casa Savoia e gestita direttamente fino ai primi anni del 1900. Nel 1907, la famiglia Rabino ne acquistò una parte dalla quale è nata l'attuale realtà aziendale, che comprende anche un agriturismo, Quella dei Rabino è un’azienda familiare, creata da Tommaso Rabino con la moglie Maria e oggi condotta da Andrea Rabino, enologo, con la moglie Annalisa.
Perché mi è piaciuta questa loro Langhe Favorita, da uve del vigneto Su Callerio, pendenza del 25% esposto a Sud-est, di cui poi ho riassaggiato, non alla tavola dell’Armanda ahimé, ma a casa, l’annata 2012? Perché è un vino vero, di assoluto equilibrio e piacevolezza, che si fa bere magnificamente e mostra tutte le caratteristiche, e le potenzialità, di quest’uva in terra roerina.
Colore giallo paglierino squillante con sfumature verdoline, luminose e vive, mostra un naso splendente, solare, di grande eleganza, sale e bella mineralità, intensamente agrumato, con note di fiori bianchi, pesca bianca, mela, erbe aromatiche, e una leggera vena di miele, a costituire un insieme molto fragrante, di naturale dolcezza e pulizia. Bello l’attacco in bocca, vivo, nervoso, con un bel nerbo affilato, di buona vitalità, per un vino che nonostante mostri una buona materia fruttata si fa apprezzare, più verticale che largo, per il suo dinamismo, l’articolazione, il finale, che richiama la mandorla, scattante, preciso, salato.
Con una piacevolezza che induce a “seccare” la bottiglia, anche senza accompagnarla alle frittelle di baccalà, alle torte di verdure, alle lasagne col pesto, ai tagliolini con acciughe di Monterosso, pomodorini secchi, zucchine, alla Cima ripiena alla genovese (da applausi) e alle altre meravigliose leccornie dell’Armanda, su cui aveva brillato…