L'azienda di Nicoletta si arrampica sulle coste di San Fereolo. Il Capitano sta fermo sulla tolda, soffiandosi i venti nella gualdrappa che nella tempesta la fa diventare disperata e immensa. Gira la ruota con veemenza, compenetrandosi con i legni. Quando la notte si fa scura ripara nella grotta dove giacciono le grandi botti, come cetatacei saggi e stanchi.
Alleva un curioso mariage di Gew e di Riesling. Ma quando "non vengono i tramini" si lascia intorcinare dal vitigno teutonico. Nel '7 ha soffiato dentro i flaconi Riesling purissimo: e ora lo guardiamo giallo come l'oro nuovo. Svelto, nulla di ceroso si disvela.
Profuma di meraviglie, se gli dai il tempo di spazzare via quelle rudezze ferruginose, vigorose e belle come giovini gettati negli assalti di battaglie già perdute. Che dopo salgono febbrili i fiori e gli alcoli, decisi e diritti. E i mieli generosi. E quegli intonaci arroventati, e quei portici di sfuggenti frescure.
Ma è l'assaggio che ti lascia disteso: un sorso che t'illude di dolcezze e ti sferza di durezze, arrampicandosi sulle papille con una forza di tuono e con la grazia di un tramonto: delicatamente, come se gocce di peltro fuso scivolassero sul palato assieme a foglie d'oro. Sale sul centro, si protende nel finale, si scuote d'elettrictà nella chiusura, lasciandoti stanco e felice.
Bicchiere che nessuno una volta nella vita, almeno una, dovrebbe dimenticarsi di labbrare.