Il millesimo dichiarato, nei Lambruschi, mi mette di buonumore, in onta all'uso diffuso che lo considera marginale, se non inutile. Mi mette di bunumore anche il tappo a fungo, e l'antica e rustica chiusura a graffetta. E infine metterà di buonumore quella spuma rosa confetto, gonfia e garrula, che si rialza sul cuore neroblù del corpo.
Il Vigneto Cialdini è lì attorno alla Villa in cui abitò - peraltro per breve parte della sua lunga ed avventurosa vita - la preclara figura di
Enrico Cialdini. Curiosa la sua vicenda storica: particolarmente in auge prima per la sua competenza militare, per il suo interventismo e per il suo rigore; criticato poi nei tempi moderni per gli stessi motivi. Mi ricorda quella canzone interpretata da
Gian Pieretti sulle pietre.
La scelta non è informata al romanticismo, ma anzi ad una schietta pragmaticità aziendale: nei locali annessi alla Villa i moderni impianti di vinificazione che consentono un rapido trasferimento delle uve. Qui i migliori filari di Grasparossa.
Ecco dunque il naso dolce e opulento: perfettamente aderente alle aspettative del tipo, ma asciugato dalla più corriva burrosità, anzi aggiunto di belle sfumature, e inusuali come la cera d'api, un fiore giallo, una passeggiata tra le erbe spontanee delle pedecollina emiliana.
Dall'ampia e testarda corona avrai un sorso potente e pieno, masticabile. Carne pastosa di frutta rosse, ma tesa da una bella lienaacida che rende il bicchiere espressivo e deciso allo stesso tempo. Appagante il percorso, non esente da una virgola amara e squadrata che rinvigorisce un finale proteso e grasso.
Vinificato
charmat ma denso di carattere quasi come un "bottiglia", è una delle migliori espressioni di Grasparossa ad alta tiratura.