Devi raccontare questo Vigna Villa della Regina; lo conosci; lo sai, perché tra i primi hai assaggiato il nettare di questi 7/10 d'ettaro, al termine dell'epico recupero; lo sai perché hai visto passare gli anni: pochi ma importanti, da quella prima vendemmia. Tra le mille etichette, forse centomila, devi raccapezzarti la storia della DOC ambita, negata e poi ottenuta. Ma mentre cerchi nel disco duro innestato naturalmente tra le orecchie i dati dispersi nella memoria volatile, ti accorgi che oh. La bottiglia è vuota.
Ecco: poi dovrai spiegare perché: ma ora il dato fondamentale è che questa bottiglia di Freisa si beve da sola. E tutto il resto è chiacchiera.
Certo, quel rubinone brillantone, con solo un punto di granato nel cuore come sintomo del tempo che va. Quel profumo tutto abbarbicato attorno alle note più serie, come quando i ragazzi troppo per bene si fanno crescere la barba per sembrare più adulti: attorno al colore blu dei mirtilli; quello nero del caffè americano; quello verde del tè verde. Infine un respiro d'uva passa, e un'invenzione d'agrume proprio sul limitare.
Ma tutto questo dopo, che intanto hai messo via il primo sorso, e il secondo. Un sorso elettrico, stretto e lineare, appena vergato dei graffi di un tannino sottile ma tenace, pertinace. Orizzontale, proiettato a lungo in prossimità del termine, cocciuto.
Fresco, brillato, svelto. Un bicchiere felice.