Singolare la genesi di questo articolo. Come avete capito vi proporrò un eccellente vino bianco, ma le mie originali intenzioni erano quelle di proporvi, della stessa azienda, un rosato. Siamo in
Campania, nella zona bellissima dei
Campi Flegrei, una vasta area di natura vulcanica che giace a nord ovest di Napoli, che presenta una ventina tra crateri ed edifici vulcanici, alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive o, nonché sono causa del fenomeno del
bradisismo (molto riconoscibile per la sua entità nel passato nel cosiddetto tempio di Serapide a Pozzuoli).
Il termine Flegrei, deriva dal greco flègo, che significa brucio, oppure ardo. In questa zona due sono le uve che caratterizzano una produzione piccola ma estremamente qualificata: in bianco la delicata, fragrante Falanghina ed in rosso il Piedirosso o
Per’ e Palummo, che dà vita a vini godibilissimi e profumati, magnifici su polpette e involtini in umido, o su pollo e coniglio. Ricordandomi che alcuni anni fa, era il 2004, alla sua prima annata di produzione, mi imbattei
scrivendone qui, in un eccellente rosato base Piedirosso Campania Igt, di cui tornai a scrivere, sempre positivamente, nel 2008,
questa volta qui, ho pensato che valesse la pena riassaggiare quel vino e nel caso riproporlo, con l’annata 2012, all’attenzione dei lettori del Cucchiaio. Non avevo fatto però i conti con il produttore, che da me contattato, sapendo della mia passione non solo per il suo rosato Pedirosa ma anche e soprattutto per la sua Falanghina ha pensato bene di inviarmene un campione…
E così, stappate le due bottiglie e trovato sempre buono il rosato, ho deciso che per ora non potevo non dare priorità, tanto l’ho sentita in gran forma ed eccellente come sempre, a questa
Falanghina dei Campi Flegrei che la famiglia di Vincenzo Di Meo, ovvero la cantina
La Sibilla, produce nella sua cantina di Bacoli, da terreni di origine vulcanica, franco sabbiosi con presenza di ceneri e lapilli, con vigneti allevati a guyot con 5000 piante ettaro esposti a sud ovest e situati da 50 a 350 metri di altezza.
La Sibilla produce due diverse Falanghina Campi Flegrei, il base, ed una speciale selezione, denominata
Cruna Delago, da uve di un vigneto particolarmente vocato, che a differenza del base si affina sur lie non per soli sei mesi, ma per nove. A me, che conto di scrivere presto non solo del Pedirosa, ma del succoso Piedirosso e che sono terribilmente curioso di provare altri due nuovi vini “sibillini”, il passito di Falanghina Passio ed il rosso Marsiliano, già questa “normale” Falanghina, vitigno antichissimo il cui nome deriva dal greco falangos e dal latino phalange, ovvero legata al palo, presente, con diverse modalità di espressione, in zone diverse della Campania, dal Taburno al Sannio beneventano, sino all’areale vocatissimo di Sant’Agata dei Goti dove l’ingegner Leonardo Mustilli ha fatto tantissimo nei primi anni Settanta per riscoprirla e rilanciarla, è piaciuta moltissimo.
Colore paglierino brillante, multiriflesso, con sfumature verdoline, si impone subito e ci fa toccare l’empireo enoico con un dito con il suo bouquet inconfondibilmente vulcanico, petroso, leggermente sulfureo, minerale, diritto e nervoso, eppure elegante e soave, delicato, impreziosito da “soffi” di nocciola, fiori bianchi, agrumi e da sale in abbondanza. Ancora meglio al gusto, dove s’impone scattante, nervosa, con scatto, dinamismo, grande verticalità, ricca di sapore e salata sul palato, perfettamente bilanciata in ogni sua componente, dal frutto delicato all’acidità precisa ma non aggressiva, al nerbo preciso che ad ogni sorso invoglia a passare al successivo e a gustarne la persistenza verticale, la finezza, la piacevolezza che ti fa stare perfettamente a tuo agio.
E fa vuotare, con spensieratezza, la bottiglia, godendotela a tavola abbinata ad antipasti meglio se a base di pesce, ma anche a piatti dove siano protagoniste uova o verdure, soprattutto se bevuta in allegra, piacevole compagnia…