Vigne alte, alte. Fino a mille metri, gli ultimi due ettari di questa Tenuta sui fianchi dell'Etna.
Allora una scelta di Nerelli, Mascalese e Cappuccio, finiscono a maritarsi in questa bottiglia quotidiana, potabile, accessibile. E buonissima.
Un colore scarico, scarlatto e arrubinato, lucente. Un profumo quasi didattico nella sua linearità, scalfito dal giubilèo dei lamponi che l'attraversa di brividi. Più testardo che profondo, si aggrappa al bordo di carta vetrata e resta a lungo appeso, fresco come un mattino di tramontana.
Poi t'aspetti il fuoco del Vulcano, che arriva: ma gentile. Un sorso schietto e asciutto, che riga il palato dal labbro alla gola senza indugio, nè esitazione, nè pajura, nè moti di danze dervisci: solo puro succo stretto e deciso, da bere a temperatura eretica, qualche grado in meno, e versare senza misura, e senza domandarsi domande che questo Erse risponde, sua sponte, sempre.
Normale e speciale.