Prima di cominciare devo doverosamente fare il mio outing enoico. Con un’età più prossima ormai ai sessanta che ai cinquanta devo confessare, non so come dirlo, di non essere mai stato in vita mia nella zona dell’
Etna. Sono stati i casi della vita a decidere così e tenermi sinora lontano da quella che i siciliani chiamano
Mungibeddu oppure
a Muntagna e che nel giugno di quest’anno l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità. Nonostante questo mancato incontro, che sfocerà, ne sono certo, in un vero e proprio amore non appena vi salirò e ne camminerò finalmente le pendici, la mia passione per i vini dell’Etna, che rispecchia una predilezione per i vini sapidi e dinamici, che nascono sui terreni vulcanici, è forte e consolidata e cerca sempre nuovi motivi per essere ancora più forte.
Meravigliosi, di eleganza e nerbo quasi borgognoni o langaroli, i vini rossi figli del Nerello mascalese e del Nerello cappuccio, sorprendenti e inconsueti, pugno di ferro in guanto di velluto, i rosati, ma i vini che mi fanno veramente “
escire pazzo” sono i bianchi, a base di Carricante e Catarratto, che trovo dotati di un nerbo sapido, di una mineralità petrosa da lasciare senza fiato, e tali da costituire qualcosa di unico nel panorama italiano. Merito dei terreni sabbiosi di origine vulcanica, ricchi di scheletro e di sostanze minerali che conferiscono al vino una ricchezza di sapore, un nerbo che mi emozionano.
Sono diversi ormai i protagonisti, a partire da aziende come storiche come Benanti, Scammacca del Murgo e Barone di Villagrande sino a realtà come Passopisciaro, Terre Nere, Russo, Mannino, ed altre ancora a caratterizzare un panorama produttivo quanto mai dinamico.
Una delle più recenti, visto che è nata solo nel 2005, è l’azienda
Graci creata da Alberto Aiello Graci a Castiglione di Sicilia, che dispone di un corpo unico di qualcosa come 18 ettari di vigneto, di cui 15 a Nerello Mascalese, 1,5 a Carricante e 1 a Catarratto, posti tra i 600 ed 660 metri di altezza, una parte con 6300 ceppi ettaro ed una ad alberello, con vigne impiantate a piede franco, di diecimila piante ettaro. Da Graci sono presenti unicamente i vitigni storici dell’Etna, non si ricorre al diserbo e non si utilizzano barrique, “ma soltanto tini e botti grandi prodotte con legni di lunghissima stagionatura”. Un lavoro, dicono, “teso ad assecondare la personalità delle nostre vigne mantenendo intatta la diversità tra un’annata e l’altra”.
Grazie all’amico
Pietro Pellegrini, che distribuisce i vini di Graci in Italia, ho potuto degustare una bottiglia, purtroppo solo di annata 2012 (mi sarebbe piaciuto molto provare un vino di annate precedenti) di Etna bianco, da uve 70 % Carricante e 30% Catarratto provenienti da una vigna di 2,5 ettari allevata ad alberello posta in contrada Arcurìa, frazione di Passopisciaro, comune di Castiglione di Sicilia, versante nord dell’Etna, su terreni bruni, di origine vulcanica “ricchi di scheletro, fra franco sabbiosi a sabbioso franchi, a ph neutro, non calcarei, da ricchi a molto ricchi di ferro e ad alto contenuto di azoto”.
Un vino affinato in acciaio, dopo una lenta pressatura senza diraspare, senza utilizzo di lieviti selezionati, e rimasto sui propri lieviti per sei mesi. Sono rimasto (e altrettanto lo è stato chi assaggiava con me e ha condiviso le emozioni che questa bottiglia ci regalava), stupito dalla classe innata, dall’eleganza, dalla naturalezza di questo bianco che avremmo continuato a bere e bere senza stancarci mai.
Colore paglierino brillante, squillante, vivo ed un naso freschissimo, aereo, fragrante, luminoso di felicità espressiva, profumato di agrumi, cedro, mandarino, di fiori d’arancia e di gelsomino, di sale e di pietra. L’attacco in bocca, affilato, profondissimo, scatena un’energia incontenibile, e rivela un equilibrio mirabile, un nitore, una finezza e un nerbo preciso, con acidità lunga e viva, nerbo minerale a profusione, ricchezza di sapore, e una personalità spiccata davvero da grande vino.
Una sintesi di montagna e mare, di freschezza da neve e di sale marino, una beva straordinaria assolutamente da applausi. Quella “muntagna”, fa veramente miracoli…