Anatema! Merlot e Cabernet, anatema! in Friuli!
Eppure al tempo, era il 2002 e Las Ketchups cantavano a perdifiato Asereje, si imbottigliavano vini viscosi come il miele e fitti come la nebbia in Valpadana. E quindi il "Celtico" di Moschioni era perfettamente inscritto in quell'estetica reboante e muscolosa.
Oggi però una dozzina d'anni ha fatto aggio sul bicchiere che da una versione sì poderosa del taglio bordolese, ma nello stesso tempo si fregia delle migliori caratteristiche dei vigneti di Moschioni, dalle parti di Cividale. Rese basse, cura ossessiva della vigna e delle maturazioni, attenzione in cantina fino alla simbiosi con i vini. Botte nuova, botte piccola, botte vecchia, botte grande, acciaio, vetro. Non manca nulla.
Allora il Celtico ha cuore nero e luce torbida, ricca di carne e sangue. Il naso è una fucilata nera, ricca di polvere da sparo, note verdi di pianta di pampino e di corteccia, frutto di bosco di mezz'estate, carta di giornale, e qualche esitazione sulfurea che permea un finale gigantesco. Gigantesco.
Il sorso è un uppercut alla mandibola, con la sensazione di polpa quasi tattile: largo all'abbocco, dilaga sull'onda di tannini freschissimi, vivi come neonati, e l'alcool che schiaffeggia l'interno delle gote e ne sussume l'umore.
E diamine, quel finale che pare tirato con la fionda nel vuoto, sugli spiriti redivivi che trascinano il sorso in un empireo senza confini.
Ah, Moschioni. Bicchiere che vale il viaggio.