Lo abbiamo ormai capito: nel districarsi nel variegato universo dei rosati italiani occorre abituarsi a trovarsi di fronte non a sfumature, ma a colori veri e propri profondamente diversi tra loro. La ragione è attribuibile alla grande varietà di uve utilizzate e alla loro quantità di sostanza colorante, ma anche allo stile dei produttori che possono preferire vini più pallidi e quindi più simili ad un Chiaretto (come accade nell’area gardesana) oppure vini che presentano una tinta che ricorda più un vino rosso di media intensità cromatica che un rosato.
Questo accade soprattutto se ci spostiamo più a sud e se sostiamo al centro, in Abruzzo (una delle capitali dei rosati italiani), dove i rosati portano non casualmente il nome di Cerasuolo e nascono da una grande e duttile uva, madre di grandi vini rossi, come il Montepulciano d’Abruzzo. Qui una decisa intensità di colore nei vini rappresenta una costante e il Cerasuolo può essere più o meno acceso.
Nel caso del vino che voglio presentarvi già il nome, ancor prima della vista della bottiglia e del presenza del liquido nel bicchiere, aveva chiaramente dichiarato l’intenzione del produttore di ottenere un Cerasuolo del tutto a sé, avendo scelto di chiamarlo nientemeno che Vermiglio. Un nome che rappresenta una tonalità di rosso molto vivo, colore intermedio tra l’arancione ed il rosso porpora.
E difatti l’azienda Orlandi Contucci Ponno di Roseto degli Abruzzi, che da qualche anno è entrata a far parte, con la franciacortina Lo Sparviere e la chiantigiana Castello di Radda, delle Agricole Gussalli Beretta, con il Vermiglio ha voluto ottenere un rosato del tutto particolare, e quindi, come afferma, “nessun altro nome poteva essere dato a questo vino che nulla ha che vedere con i Rosés d’oltralpe per il suo colore particolare: Vermiglio. Per la sua struttura e per le caratteristiche proprie del vitigno dal quale proviene è un vino eclettico e allo stesso tempo “serio”.
In effetti questo vino prodotto da un’azienda che vanta una vasta gamma di Montepulciano d’Abruzzo e Colline Teramane Docg, completate da bianchi base Pecorino, Trebbiano, ma anche Sauvignon e Chardonnay, con terreni di natura alluvionale brecciosa, con un particolare impasto calcareo, situati sulle prime alture della vallata del fiume Vomano, ad un paio di chilometri dall’Adriatico e a meno di una ventina della catena del Gran Sasso, in una posizione climaticamente privilegiata che beneficia tanto dell’azione termoregolatrice del mare, quanto delle brezze provenienti dall’alta montagna che temperano il calore delle notti estive, è un Cerasuolo, Montepulciano 100%, speciale. Che richiederà l’abbinamento non a semplici antipasti a base di verdure o salumi o riso in insalata o paste con verdure, ma piatti saporiti e di un certo impegno come spaghetti alla chitarra (tonnarelli) a base di pesce, brodetti o zuppe di pesce, grigliate di pesce o pesci arrosto di una certa taglia, oppure carni bianche.
La vinificazione prevede l’utilizzo del solo mosto fiore in assenza di bucce, fermentazione malolattica e lunga permanenza sulle fecce fini e imbottigliamento ad inizio aprile. E’ sicuramente un vino fresco, ma dotato di una complessità e di una struttura non da rosatello, che consiglierà di servirlo fresco, ma non ghiacciato.
Colore rubino cerasuolo piuttosto carico, tendente al vermiglio, un colore vivo ma splendente, si propone con un naso molto carnoso, pieno di succo e di energia, tutto lampone, mora e ciliegia matura, con leggere sfumature selvatiche e note che ricordano la liquirizia nera. In bocca rivela subito, anche se l’alcol importante (13.5°) è equilibrato, la sua sostanza, il peso e la consistenza quasi da vino rosso, con una componente tannica che si fare sentire, una notevole larghezza e vinosità, e una fruttuosità ben polputa ravvivata da una bella componente acida.
Un Cerasuolo non certo da sorseggiare distrattamente come aperitivo o da affiancare alle immancabili olive all’ascolana…