Comincio a sospettare che la vedovanza diffusasi tra le Maison della Champagne a causa della guerra e del fato, sia stata la fortuna di quella terra. Fondata dai due fratelli Jules e Auguste Devaux nel 1846, sulle etichette comparve a fine secolo il nome della vedova di uno dei due, Augusta Devaux che rese famosa la Maison oltre i confini francesi, con un'esportazione di 3/4 della produzione. Dopo 5 generazioni ad Epernay, l'ultimo discendente Jean-Paul Auguste Devaux, rimasto senza eredi, decise di impacchettare l'azienda e trasferirla a Bar-sur-Seine, nell'Aube dall'altra parte della Champagne, dando le chiavi delle vigne a Laurent Gillet presidente dell'Union Auboise.
L'Union Auboise è una cooperativa di circa 800 produttori su 1350 ettari, la maggior parte dei quali si trova nel cuore della Côte des Bar, dove coltivano il Pinot Noir, mentre lo Chardonnay è dei produttori della Côte des Blancs. Sottoscrivono il "Démarche Qualitè Vignoble", un progetto che formalizza l'approccio qualitativo di miglioramento delle pratiche agronomiche, a cui poi dà gambe Michel Parisot, il brillante chef de cave che segue le 4,5 milioni di bottiglie prodotte, armonizzando il lavoro di tanti vignerons con assemblaggi da migliaia di litri in silos colossali. Senza contare il gran lavoro fatto sui vin de reserve, un vero e proprio tesoro di annate precedenti custodito in botti di rovere per ricreare ad ogni vendemmia il gusto Devaux.
La Cuvée "D", composta per il 40% dei vin de reserve, conta una proporzione del 55% di Pinot Noir e 45% di Chardonnay, con vini base parzialmente affinati in legno e che fanno solo in parte la malolattica. La freschezza ne beneficia già al naso che grazie all'affinamento in legno è ricco e sfaccettato: ascriutto e puntato di note agrumate ma sostenuto da una bella croccantezza di pane appena sfornato. Il sorso è opulento e vellutato ma ricco di personalità minerale con delicati spunti di frutta, fine e profondo con una stoffa appagante e avvolgente.