Mi piace molto cominciare a parlare di “bollicine” rosé anche di provenienza “franciosa” con uno champenois prodotto da una cave cooperative.
Jacquart, uno dei pionieri dello Champagne rosé, è il marchio di punta della Alliance Champagne Group (fondata nel 1998 dalle tre grandi cooperative CO.GE.VI, COVAMA e Union Auboise), il terzo più grosso raggruppamento cooperativo della Champagne (con 63 milioni di euro di cifra d’affari), subito dietro a Nicolas Feuillatte e Union Champagne.
Una coopérative che può contare su ben
1.700 soci cui fanno capo oltre
2.600 ettari di vigneti, quindi circa il 7% dell’intera denominazione Champagne. Di questi vigneti, però, solo i
migliori (pari a circa 350 ettari) sono riservati a Jacquart. Nata nel 1962 per iniziativa di una trentina di viticoltori, si é estesa progressivamente ai tre grandi bacini di produzione, compresa la Côte des Bars. E se penso che Champagne di questo più che affidabile livello, importati in Italia dalla
Fratelli Rinaldi di Bologna, sono opera di una grande cantina cooperativa, non posso non fare un paragone mesto con il livello dei metodo classico proposti in Italia da cantine cooperative trentine o oltrepadane, cui farebbe un gran bene essere in qualche modo contagiate dal savoir faire di uno Jacquart.
Questo a parte ricordato, come pure che il prezzo di questo Champagne si aggira intorno ai 25 euro per un non millesimato che ha conosciuto un affinamento di 48 mesi (quattro anni) sui lieviti, voglio dire che questo Champagne anche senza raggiungere la complessità e la grandezza di altri Rosè recentemente assaggiati (tipo il
Rosé 2008 di Deutz), ha pienamente raggiunto il suo compito. Quello di farsi bere, da me e dalla mia adorata compagna che di Champagne è appassionata e ne capisce ancora più di me, quando l’abbiamo stappato. Di farsi bere golosamente ed in maniera ammirata e con la consapevolezza di trovarci di fronte ad un vino ben fatto, di facile decodificazione e comprensione, ma tutt’altro che banale. Direi piuttosto immediato, equilibrato, ottimo come aperitivo oppure, come abbiamo fatto noi, portato a tavola e abbinato a crostini con salmone e pesce in umido con pomodoro e piselli.
Un rosé (data di
dégorgement non dichiarata, come assurdamente si verifica con la stragrande maggioranza degli Champagne: nella giovane Franciacorta almeno l’annata di sboccatura è obbligatoria messieurs les français…) non millesimato la cui cuvée è generalmente composta per un 30-35% da Pinot Noir, 35-40% da Chardonnay e 25-30% da Pinot Meunier, con un 15-18% di Pinot Noir vinificato in rosso, che anche grazie ad un dosage non ruffiano di 10 grammi zucchero litro raggiunge un equilibrio naturale e una piacevolezza innegabile.
Bellissimo innanzitutto il colore, un salmone scozzese con leggera vena granata e sfumature di rosa di montagna, perlage fine, continuo, danzante nell’ampio “calice Franciacorta” dove ci è piaciuto disporlo. Naso succoso sin dal primo impatto, leggermente ed elegantemente dolce, con un caleidoscopio aromatico fruttato tutto fragoline di bosco, mirtillo, pompelmo rosa e mandarino a comporre un insieme ben reso più fresco e ficcante da una nota di mandorla fresca e venature minerali. L’attacco in bocca è anch’esso nel segno di una moderata e naturale dolcezza di frutto, rotondo ma senza smancerie piacione, succoso nel frutto vibrante maturo al punto giusto, ampio, carnoso, di bella cremosità e consistenza quasi “cigliegiosa”, eppure sorretto da un’acidità calibrata che dà nerbo e scatto e vivacità ravvivando la materia ricca. Il finale, dove si coglie una leggera scorzetta di limone e un ché di mandorla, è rinfrescante al punto giusto.
Tanto che a bottiglia prontamente finita viene il rammarico di non essersi dotati piuttosto di un bel magnum…