Se pensi alle Cuvée de Prestige di solo chardonnay, con ogni probabilità il primo comune classificato grand cru che ti viene in mente non è Chouilly, che sta qualche minuto d’auto troppo a nord di Cramant & compagnia spumante per accedere al mito.
Il primo produttore che ti viene in mente non è R&L Legras, la prima etichetta che ti viene in mente non è il Saint-Vincent, e la prima annata che ti viene in mente non è la 2000, ottima e in costante rivalutazione in questi anni, durante i quali sta dimostrando di camminare spedita, magari senza correre né sgomitare, ma senza inginocchiarsi mai, colpevole però di stare in mezzo a due giganti come 1996 e 2002.
Ma assaggiando e mirando, poi, realizzi come la assenza di tratti marcati – non è incisivo come un 1996, non è superaccessoriato come un Krug, non è voluto, stilizzato rustico/elegante come un Selosse, non ha la erre moscia vera come un Pérignon, eccetera – dia, infine, un risultato di gran pregio.
Certo, quella nota tropicale da estate calda che si muove sopra i biscotti, i fiori e i minerali non piacerà ai puristi, ma il senso di completezza e di potenza senza peso data soprattutto da una mousse delicatissima, che stuzzica e amplifica senza quasi premere, garberà parecchio a chi a tavola chiacchiera soprattutto d’altro. Esecuzione invisibile, dunque ineccepibile. La persistenza è un copia incolla dei profumi.
E i dubbi svaniscono.