I numeri che la riguardano sono ancora, e resteranno chissà per quanto tempo ancora, molto piccoli: si parla di non più di circa 300 mila bottiglie proposte da una decina di soggetti produttivi. Però se siete dei
metodo classico fan, sostenitori delle “bollicine champenoise” a denominazione d’origine, ciò che vi suggerisco, pardon, vi prescrivo di prendere in seria considerazione è una Docg come il Franciacorta (ma anche come l’Oltrepò Pavese “spumante”…): l’
Alta Langa.
Si tratta del Brut metodo classico millesimato piemontese riferito a quei vini prodotti con la tecnica della rifermentazione in bottiglia nel territorio collinare delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Il
disciplinare di produzione dell’Alta Langa Docg limita l’uvaggio (ovvero l’indicazione delle uve che si possono vinificare) ai soli Pinot nero e Chardonnay e non contempla per ora l’utilizzo di un vitigno identitario come il Nebbiolo come base per le sue “bollicine”. Questo anche se esistono già una serie di validi metodo classico, posti ovviamente al di fuori della denominazione, che prevedono la spumantizzazione in purezza o cuvée di questa grande uva a bacca rossa. Croce e delizia, come ben sa ogni vignaiolo.
Nel
panorama produttivo ancora ristretto dell’Alta Langa Docg, tra aziende di dimensioni considerevoli come Gancia, Fontanafredda, Martini & Rossi, Vigne Regali e altre decisamente più piccole come Valter Bera o Ettore Germano, c’è un’azienda che a mio avviso più di qualsiasi altra merita, l’ho già scritto
altrove e lo ribadisco, di essere definita la cantina leader, qualitativamente parlando, dell’Alta Langa. Nonchè la stessa che produce i metodo classico che nettamente prediligo. Sto parlando della
Giulio Cocchi di Cocconato d’Asti, casa sorella della Azienda vitivinicola e di invecchiamento
Bava, produttrice di eccellenti vini, base Barbera e non, di Langhe e Monferrato.
La Giulio Cocchi prende nome da Giulio Cocchi “un personaggio creativo e intraprendente di origini fiorentine, che a fine Ottocento si trasferì ad Asti ed aprì un'attività artigianale di liquorista e spumantista con una propria produzione di vini aromatizzati speciali dei quali due ricette in particolare, il Barolo Chinato e l’Aperitivo Americano, divennero subito famose". Alla Cocchi la famiglia Bava che conduce l’azienda, e in particolare lo stesso Giulio Bava, l’enologo aziendale, sono sostenitori convinti dell’Alta Langa.
Un vino dotato, dicono, di una forte identità piemontese, tanto che per due dei loro metodo classico, il
Bianc d’Bianc ed il
Rösa, utilizzano simpaticamente toponimi piemontesi piuttosto che i termini francesi
Blanc de Blanc e
Rosé. Mentre il
Totocorde prende nome da un avverbio latino che designa un'adesione cordiale e completa. Vi invito a provare l’intera gamma delle “bollicine” di casa Cocchi: qualsiasi cosa proviate “cascherete” bene; ma in questa sede voglio richiamare l’attenzione sull’eccellente, ma de bon!,
Alta Langa Rösa.
Un Rosé interamente a base di Pinot nero, proveniente da vigneti posti a 250 metri di altezza e affinato 40 mesi sui lieviti. Il Rösa, come dicono i Bava (e pur ammonendoli, fatico un poco a perdonarli per l’uso incongruo di questo termine che aborro), è “uno spumante con basso dosaggio di zucchero, fresco e sapido”, dotato di uno “suo stile speziato che si accentua nel tempo”.
Un vino giudiziosamente voluminoso e ricco, grintoso il giusto, davvero indicato per essere portato a tavola e gustato per l’intera durata di un pasto a base di preparazioni saporite non necessariamente a base di pesce, ma anche e soprattutto di carne. Un metodo classico - io ho gustato l’annata 2007 - dallo spiccato carattere piemontese, che mi piace guardare, “snasare” e soprattutto bere.
Colore sangue di piccione brillante, luminoso, bel perlage sottile e continuo. Il naso è inconfondibilmente da Pinot nero, con piccoli frutti rossi (lamponi e ribes, non fragole) in evidenza, a determinare un bouquet fragrante, succoso, di notevole freschezza e definizione precisa, con una vena salata ben sottolineata.
Bocca altrettanto ampia, ben polputa e cremosa, per un gusto pieno, goloso, più largo che verticale, molto equilibrato, da vino decisamente ben fatto, che si fa bere molto bene e chiude all’insegna dell’energia e della freschezza con grande dinamismo e slancio.