Si cerca un caseificio e si procede inciampando -in senso letterale- nella storia attraversando le sue pagine di pietra. Si sentiranno scorrere le ruote ai margini dell'asfalto a lambire tracce di spiccati murari lungo la Statale 18, quella traccia borbonica che disegna la costa tirrenica delle due Sicilie che qui taglia in due l'anfiteatro. Intanto sullo sfondo, a disegnare il cielo, i perimetri più immaginifici dell'antichità, quelle sagome di colonne sormontate da frontoni e timpani in un equilibrio che ti sembrerà subito impossibile. Accade a Capaccio, qualche secolo più giù di Salerno, l'azienda agricola ora trovata, si chiama
Tempio ed apre i suoi cancelli lungo la via
Magna Grecia nella pancia di
Paestum, in un continuo rimando alla storia ed ai suoi fantasmi che ancora abitano questi luoghi.
Dieci ettari in uso a 600 bufale perchè affidino, ogni giorno, i 2000 litri di latte utili a trasformarsi in 500 chili di mozzarella, la pietra filosofale di queste terre. La famiglia
Barlotti da meno di due anni riceve qui, in questo nuovo tempio appunto, per la devozione al gusto dei derivati del latte. In questi spazi sono riusciti a ricreare la modernità del ciclo naturale che prima produce il foraggio per gli animali che alleva poi riutilizza ciò che normalmente deve essere smaltito per fertilizzare. E senza sacrificare il rito e la sacralità della mozzatura a mano per dare quelle forme incerte alle mozzarelle, quella strana cicatrice di sutura nel loro bianco ventre.
Ci si aggira tra animali, prati, giochi per bambini, tavolini all'ombra delle tende. Poi si entra e si scorre il banco delle meraviglie. Le tentazioni saranno comunque troppe per tutto il tempo che vorrete dedicare ma il piatto degustazione "tempio" riesce a risolvere l'impasse con indubbia soddisfazione. Ci si siede e il bianco illuminerà la tavola. Intanto la mozzarella. Da mangiare in coda affinchè il latte che esonderà non alluvioni il piatto. Buona, elastica, poco sapida come da tradizione di questi luoghi. Nel suo formato meno performante da circa 100 grammi ha già la caratura dell'eccellenza. Poi la ricottina. Forse addirittura superiore nella sua categoria per consistenza e dolcezza. Si intervalla con i salumi di buona fattura e pane cotto a legna e ci si satolla con una torta rustica dove la ricotta riesce a contenersi in fette. Per l'accompagnamento si provano i vini della casa, nelle tre colorazioni a prezzi da minerali. Modesti certo, ma qui si devono limitare a fare da spalla.
Si può continuare con latticini altri, burro, olio e formaggi -stagionati o meno- in una vertigine sensoriale di lunga memoria. Cose semplici che non abbisognano di fuochi tantomeno di artifici, forse a pensarci bene neanche di tavoli e sedie, piatti, coltelli e forchette sebbene tutto vi sarà disposto con garbo. Però. I morsi nascosti tra le mani misurerebbero meglio il gradimento trasformandosi presto in ampi sorrisi.
Si tornerà infine al parcheggio con la fatica delle buste. Colme.
Perchè a casa ti sembrerà giusto condividere questa gioia con chi ti sta aspettando.