Anche a tavola ci sono le rivoluzioni copernicane, a volte. Un alimento che un tempo aveva un valore, spesso oggi ne ha un altro. Che dire del mitico salmone affumicato? Per tanti anni, il salmone era sinonimo di cibo costoso, ricercato, uno sfizio da ricchi, o quantomeno da benestanti. Sulle tavole di Natale, i nostri nonni che lavoravano in fabbrica facevano carte false perché apparisse il salmone: almeno a Natale era lecito, anzi doveroso, mangiare al di sopra delle proprie possibilità. Poi, che è accaduto? Negli ultimi vent'anni, il prezzo del salmone affumicato, a causa del proliferare di allevamenti sempre più numerosi nei mari del Nord, ha finito per crollare. Oggi il salmone te lo tirano quasi nella schiena: perfino il discount più scrauso ne ha una selezione, naturalmente low cost. Così, si è perso un po' il mito del salmone come gozzoviglia esclusiva.
Una tragedia dunque? No. Se il salmone si è smitizzato per le sue valenze simboliche, oggi si comincia a riscoprirne la bontà gastronomica.
E qui entrano in ballo gli inventori di “Que te pongo?”. Lo mettiamo tra virgolette, perché il nome vuole il punto di domanda, d'obbligo. Ma il significato dell'insegna, ve lo spieghiamo dopo. Quel che importa è che questi signori, di una famiglia che importa e seleziona pesci di pregio, hanno avuto un'idea luminosa: aprire, a Roma, una salmoneria ghiotta. Un negozio dove si comprano molti tipi di salmone affumicato, ma anche altro pesce conservato, dal tonno alle acciughe. E non solo: la chicca forse più ambita, è la possibilità di farsi confezionare sul momento mirabolanti paninazzi dalle farciture più svariate (ma sempre ittiche), oppure coloratissime e leggere insalatone. “Que te pongo?”, in spagnolo, vuol proprio dire: “Che ti ci metto?”.
Originariamente, la salmoneria aprì in via Ripetta, ma poi il successo fu tanto roseo da persuadere i proprietari a riprodursi per gemmazione in via della Dogana Vecchia, a un passo da Sant'Eustachio, dal Pantheon e da Palazzo Madama, utilizzando i locali occupati prima da una cioccolateria e poi da un immaginifico take away etnico.
Entrate, e vi accoglierà il pesce. Tanti salmoni, tutti ricercati. C'è quello scozzese affinato al Whisky, per dire. Oppure il norvegese semplice, o marinato con pepe e limone. Se si vuole andare sull'artiglieria pesante, ecco poi i salmoni selvaggi del Pacifico, non allevati: il Sockeye dell'Alaska, o il superbo Red King, pescato all'amo e dunque costoso di conseguenza, ma si tratta di soldi ben spesi. Nell'armadio a frigo, altri salmoni già porzionati a carnosi filetti, come il ghiottissimo Balmoral. Quanto agli altri pesci, c'è di tutto: aringe argentate; sgombri affinati al pepe e senape; salame di piovra; caviale di salmone. Poi, una quantità spropositata di tonno in scatola delle provenienze più varie, dalla Spagna alle tonnare sarde.
E i panini? Molte varietà. Sentite: Alicante (sgombro al pepe, insalata, pomodoro secco, salsa senapata); Barcelona Doble (doppio strato di salmone norvegese, salsa yogurt, insalata); Burgos (merluzzo marinato, insalata, salsa pomodoro). E questi sono solo tre. Tutto è preparato con rara attenzione per l'igiene, e servito con velocità e simpatia. A noi, ci piace.