Boia fauss, come dicono in Piemonte, non avrei mai immaginato, io milanese, e non proprio “innamorato” de Roma e dintorni, abituato a canticchiare, ironizzandoci sopra, una canzoncina di Alberto Fortis, che mi sarei trovato invece a cantare le lodi di un vino prodotto da un’azienda, biologica, che si trova a soli 15 km dalla poco amata Roma, immersa nella verde campagna del panorama vitivinicolo Frascati D.O.C.G. nell’area del antichissimo lago Regillo.
Invece eccomi qui, folgorato dall’assaggio che mi ha proposto il suo distributore italiano, il bravissimo e carissimo amico Pietro Pellegrini, a battere le mani - e a chiedermi perché il neo amico – ex nemico Daniele Cernilli non la citi nella sua recentemente pubblicata mondadoriana Guida essenziale ai vini d’Italia – per l’Azienda Agricola Biologica De Sanctis e per il suo Frascati superiore Abelos, di cui ho provato, via via più ammirato, le annate 2013 e 2013. Un vino, figlio di vigneti, coltivati a Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia, Trebbiano Toscano, Bombino e Cabernet Franc, figlio di una sapiente cuvée di Malvasia puntinata 80%, Bombino 20%., allevati su terreno vulcanico, minerale.
Una famiglia i De Sanctis, già viticoltori dal 1816m Luigi De Sanctis, affiancato dalla moglie e dai figli Andrea e Francesco, enologo dell’azienda, che fa maledettamente sul serio, con “sapere e una perseveranza antica, fermo e tenace nelle proprie convinzioni” e che ha fatto della sua azienda un ammirevole esempio per l’impiego dei metodi dell’agricoltura biologica”, con un principio guida molto chiaro, ovvero “estrarre il prezioso succo d’uva senza inquinarlo nelle varie fasi della lavorazione, per ottenere un vino esente da difetti e con la propria “stabilità naturale”. Questo procedimento permette di bere un vino “frutto” della sola fermentazione del succo d’uva, senza l’aggiunta di nessun additivo. La sfida della viticoltura biologica significa non solo il divieto dei pesticidi chimici, ma anche compiere una scelta sociale ed etica, che rispetti la natura e l’essere umano, rivolgendo una particolare attenzione alla salute ed alla qualità del prodotto finale”.
E per lavorare così fa gioco una cantina, “di nuovissima costruzione, dotata di modernissime tecnologie ma curata nella scelta dei materiali e degli elementi architettonici, per essere in armonia con il territorio circostante, Fortemente innovativo per la produzione dei vini è l’impianto geotermico a sonde orizzontali interrate sotto un vigneto che, scambiando calore con il sottosuolo e riducendo drasticamente l’emissione di CO2 nell’atmosfera, rende l’azienda De Sanctis un esempio virtuoso di struttura a impatto ambientale veramente basso”. Inoltre, e penso valga la pena sottolinearlo, “l’azienda segue un processo di filiera molto corto studiato per non avere tempi morti o eventuali inquinamenti dell’ambiente circostante, al fine di garantire e tutelare al massimo il consumatore finale. A tale scopo sono state introdotte le seguenti tecniche innovative di cui diamo breve riepilogo fase dopo fase, specificando che in campagna la raccolta delle uve sarà manuale, e in cassette onde evitare la rottura dell’acino evitando quindi le ossidazioni ,mentre in cantina il controllo totale della temperatura ,e l’utilizzo di gas inerte (Azoto) durante tutto il ciclo di produzione fino all’imbottigliamento garantisce la sterilità del vino attraverso tutto il suo processo”.
Ciò detto resta il vino, di una bellezza splendente e sorprendente e di una bontà che taglia la testa al toro. E mette KO anche un polentone provocatore che si picca di spacciarsi per “anti-romano” come il sottoscritto. Colore paglierino oro di grande intensità e brillantezza, naso profondo minerale, con note di miele e profumi floreali molto complessi, ricco bocca importante secco profondo di gran nerbo 13,5 terra ricca di sedimenti Lago Regillo viticoltori dal 1816 terra vulcanica bellissima sapidità lunghissimo profondo, che il produttore descrive richiamanti “tiglio e acacia, pesca e pera matura”. E io approvo.
In bocca gusto molto largo pieno di grande personalità, con note di liquerizia e anice più generoso di quanto mi sarei aspettato dai profumi, dotato di una grande polpa, ma perfettamente equilibrato, con un finale lungo e nervoso e una vena di mandorla che conquista e invita meravigliosamente al bere. Insomma, per me una grande sorpresa, un vino da risentire e di studiare l’evoluzione, con una purezza d’espressione e una bellezza che conquistano. Anvedi ‘sti romani come te possono sorprendere. Me possino…