Non fate caso, non lasciatevi in alcun modo condizionare dal colore, meraviglioso, squillante, pieno di riflessi, che è molto più simile a quello di un rosso di media intensità, tipo un Santa Maddalena, o un Bardolino non particolarmente carico, che a quello di un rosato. Seppure si tratti di un rosato sui generis quale un
Cerasuolo d’Abruzzo.
Davanti a questo Pié delle Vigne vi trovate di fronte ad una quintessenza della rosatitudine, ad un’interpretazione, personale, se volete, della grandezza del Cerasuolo abruzzese, della sua capacità di essere un grande vino. Il nome poi, Cataldi Madonna, azienda in provincia dell’Aquila, posta al centro di un piccolo altopiano a forma di anfiteatro originalmente denominato il Forno d’Abruzzo, ovvero “un forno molto particolare perché giace sotto il Calderone, l’unico ghiacciaio degli Appennini e il più a sud del nostro emisfero: insomma un forno con annesso frigorifero. L’aria che spira dalla montagna rinfresca le giornate estive come se fosse in azione un gigantesco condizionatore naturale”, è per me e per chiunque ami i vini abruzzesi di alta qualità, un’assoluta garanzia.
Lo scorso anno vi avevo presentato il Montepulciano Cerasuolo, ora tocca alla chicca, alla crème de la crèm, che esce, quando l’annata lo permette (il 2011 è stato saltato), un anno dopo. E difatti questo 2012 è andato in commercio a primavera inoltrata. La mia lei, che è una rosatista ancora più appassionata e rigorosa di me, l’ha trovato buono, dai profumi estasianti, ma troppo in tutto per il suo gusto di bianchista-rosatista-bollicinara. Io, che in fondo resto sempre un rossista, l’ho trovato meraviglioso, da standing ovation come lo ricordavo, frutto della sapienza di un vignaiolo un po’ speciale, Luigi Cataldi Madonna, professore di filosofia e vignaiolo, che coi rosati fa veramente miracoli.
Attingendo uve da un vigneto a spalliera del 1990, posto a 380 metri di altezza in località Cona, vigneto con soli 2600 ceppi ettaro e produzione contenuta a 80 quintali. Una volta in cantina l’uva, che immagino bellissima, senza un solo acino che non fosse perfetto, viene sottoposta a criomacerazione e la vinificazione avviene a temperatura controllata (18 – 20 gradi). A questo sensazionale Piè delle Vigne viene poi applicata la vecchia tecnica abruzzese della svacata che consiste nel macerare per 4-5 giorni una parte dell’uva e aggiungere il mosto così prodotto al macerato in fermentazione: in questo modo viene accresciuta considerevolmente la longevità del vino, che per alcuni mesi resta a contatto con le fecce fini, con periodici batonnage.
Si tratta quindi di un rosato ottenuto da vinificazione in bianco (85% circa) e in rosso (15% circa) di Montepulciano d’Abruzzo, cui l’anno di elevazione in bottiglia conferisce una finezza disarmante. Rimandandovi, per le notizie sull’azienda, sui circa 28 ettari vitati, e sugli altri vini prodotti, da vigne in comune di Ofena,
all’articolo sul Cerasuolo “normale” dello scorso anno, non mi resta che provare a raccontarvi questo capolavoro, che voi abbinerete, come suggerisce l’azienda, alla classica chitarra al sugo con le polpettine, salumi e carni alla brace, ma che lei ed io vi suggeriamo di provare con polpette di carne, calamari ripieni in umido, un brodetto, magari una parmigiana di melanzane di quelle ben condite e che io personalmente berrei anche con delle pappardelle con ragù di lepre.
Del colore, splendido, vi ho già detto, mentre il naso di presa salda, nel senso che vi cattura dalla prima olfazione e poi non vi molla più, è sensualmente carnoso, profondo, tutto amarena, ribes, more di rovo, erbe aromatiche, liquirizia nera, aromi terziari che evocano funghi secchi e tarfufi, il tutto a costituire un insieme denso, ma fresco, vivo, di forte espressività.
La bocca, poi, è una libidine assoluta, ampia, carnosa, ben polputa, dotata di una persistenza lunghissima che non finisce mai e vi coccola il palato, setosa, dotata di una stoffa vellutata, ma fresca, sorretta da una splendida acidità, che ha la consistenza di un rosso, e che rosso, ma la finezza, l’armonia, l’equilibrio, la “musicalità” di un rosato, con un finale rotondo e senza spigoli, dotato della dolcezza polputa del frutto maturo e della sapidità di un rosé di categoria superiore.
Fate così: voi provatelo (è un Cerasuolo dal prezzo un po’ superiore alla media ma vale sino all’ultimo centesimo) e poi ditemi se non avevo ragione a pretendere una standing ovation…