Però la vera epifania per me è stata la T-Mummia: una
sour ale di reminiscenze Lambic-iane, che già nel nome contiene la caratteristica portante, ovvero la marcata acidità seppure nell’accezione equilibrata del “sour”. La T-Mummia nasce dalla
birra verde, prima fermentazione in inox con aggiunta di mosto di Timorasso (Tbir), che si fa “un giro di 3 anni” in barrique usate di barbera Bigolla di Walter Massa, e poi rifermenta in bottiglia. Il risultato è sorprendente: servita fredda la T-Mummia ha un perlage da spumante e non dimostra affatto la sua età, con note di fiori di campo e delicati elementi di agrume, pervade l’assaggio con un’acidità inusuale ma elegante e lascia il palato con un accenno mieloso che ricompone le note dirompenti del sour, chiudendo con un finale salino e minerale. La complessità della bevuta, non appena la temperatura sale di qualche grado, è davvero spiazzante e subito si capisce che non è una birra “da bordo piscina”, ma che ha dignità di tavole di livello.
La cosa che mi colpisce di Riccardo nel racconto delle sue produzioni è la scintilla della sperimentazione, ma soprattutto la consapevolezza granitica che le sue birre possano nascere solo lì, con l’acqua di Montegioco, l’aria di Montegioco, l’alternarsi delle stagioni di Montegioco. Io che non ritenevo poi così importante il terroir nella birra, convinta che prevalesse l’esperienza del
mastro nella selezione delle materie prime, me lo ritrovo presente in tutti i suoi componenti, dal suolo dove sorge l’acqua, al clima, all’elemento umano. Già, perché non è solo la birra di Riccardo questa, ma c’è dentro un po’ di Walter, di Stefano, di Elisa, i produttori di vino che con i loro Timorasso e Barbera comunicano un territorio meraviglioso ancora molto inesplorato, e a cui Riccardo unisce la sua voce, con una bella schiuma compatta e un giro di chitarra elettrica.
Soundtrack: Bruce Springsteen - Born to run