Gli smoothies sono una promessa stravagante che razzola nell’ignoranza linguistica: quando lo ordini non sai mai bene cosa aspettarti. L’unica informazione certa è che la frutta c’è, per il resto lo smoothie è circondato da attribuzioni di ingredienti che sfiorano la mixologia: ci andrà lo yogurt? Useranno il latte? Si può avere anche con il latte di soia? Quanti tipi di frutta ci andranno?
Tutti abbiamo creduto nel carattere rivoluzionario degli smoothies salvo scoprire – o se non lo avete ancora scoperto sto per rivelarvelo io – che sono un’illusione linguistica, che assegna un nome esotico a quello che è un blend di frutta frullata, in percentuale varia, con abbinamenti idiosincratici.
Ovviamente la donna linguista diventa immediatamente volubile al richiamo degli scaffali dei supermercati dove ora è possibile acquistare delle confezioni in tetrapack da 250ml di smoothies marca
mySmoothie. Il claim?
100% natural inside.
Tre i gusti assaggiati finora: melograno, banana, mirtillo. O meglio: queste le immagini sulle confezioni e questi gli ingredienti più rappresentativi degli smoothies, mentre sul gusto le ipotesi si permettono di essere più vaghe.
Tutti questi smoothies sono dolcissimi, troppo. Non contengono zuccheri aggiunti se non quelli naturali della frutta, e tranne quello alla banana sono a base di purea e succhi di più frutti a base di succo concentrato. L'inganno quindi risulta doppio: se gli smoothies ci promettono i vantaggi di bere frutta fresca, questi contengono polpa di frutta disidratata e poi ricostituita.
Quindi stiamo bevendo qualcosa che non ha grandi proprietà vitaminiche, dal gusto dolcissimo e dal sapore non molto equilibrato: si distingue per bontà e caratteristiche quello alla banana. Costano circa 1.80€ l’uno.
Parafrasando Andy Wharol, nel futuro chiunque potrà preparare 15 smoothies: bene, cominciamo a farlo adesso.