In anteprima AdG aveva assaggiato gli eccellenti
spaghettoni, novità d'autunno per il dinamico pastifizio di Predazzo. Parlandone al telefono con Riccardo Felicetti, demiurgo della Casa trentina, mi aveva salutato con un inquietante "Sentirai le penne".
Detto: fatto. Il postino - che anche a Borzano sulla Lodola suona sempre due volte - mi recapita la scatola con l'altro "nuovo" formato. Si tratta di una trafila un po' più generosa del formato tradizionale, che ardirei chiamare "pennoni" se non fosse che il gergo marinaresco non mi s'addice.
Le metterò alla prova con un "piennolo" di rimbalzo, capperi e poche alici: una preparazione di sicurezza che non sovrasta la pasta, e tantomeno ne è sovrastata.
Scaldo la padella con l'olio e l'aglio,
desnudo. Frigge, aggiungo i capperi dissalati e strizzati. Lo fermo e lascio insaporire a fiamma morta. Passo il piennolo nell'acqua bollente: tolgo la buccia, molto spessa, e schiaccio i cuori nella padella.
Lesso le penne, sei minuti, scolo e immetto tra i pomidoro. Aggiungo un battuto di alici, una roba operaia come le Zarotti, e bagno con acqua di cottura. Salto.
Occhio: le penne Felicetti sono spesse e grasse, e continuano a cuocere circa un minuto tolte dal fuoco. Per cui se le assaggi perfette le avrai molli. Approvo e promuovo la "liscia", che con questa
texture così porosa tira il sugo senza l'inutile rigatino.
Se tolte "al verde" invece, avrai penne perfette nel piatto. Aggiungi una grattugia rustica di pecorino, e manda in tavola senza tema con qualche Fiano irpino di un certo sbuzzo, come il
Vigna della Congregazione di Villa Diamante. Ma vecchio.