Per merito anche di questa rubrica, che sta dando il suo piccolo contributo a catturare l’attenzione di un numero crescente di consumatori verso questa tipologia e a rafforzare un legittimo orgoglio nelle aziende che hanno scelto di produrli, il mio tema conduttore vinoso di questi mesi estivi, luglio e agosto in particolare, è stato quello dei rosati. Ne ho degustati, ma che dico, bevuti di ogni tipo, espressione di zone classiche per il vino in rosa o di altre che si sono convertite da poco o seguono questa particolare sensibilità, ottenuti da vitigni che vantano una storia vocazione per la produzione
en rosé o da altri per i quali l’approccio in rosa costituisce ancora un esperimento.
Tra questi rientrano a pieno diritto, ne riparleremo, i due rosati prodotti sull’Isola d’Elba da due vecchie conoscenze protagoniste del vino toscano degli anni Novanta, rispettivamente a Bolgheri ed in Chianti, come Piermario Meletti Cavallari e Stefano Farkas, ovvero
Fattoria delle Ripalte e
Valle di Lazzaro, utilizzando un’uva come l’Aleatico la cui naturale destinazione resta assolutamente la produzione di un vino dolce passito da meditazione o da centellinare. Oppure il sorprendente, piacevolissimo
Marche rosato Fiori 2012 dell’azienda Villa Ligi di Pergola nel pesarese, espressione di un’uva misteriosa come la Vernaccia Rossa di Pergola – clone Aleatico.
Tra i rosati classici, accanto a qualche rosato pugliese e a qualche gardesano gli acuti più squillanti e le prove più convincenti mi sono arrivate, e non è assolutamente una sorpresa, da una serie stupenda di Montepulciano Cerasuolo abruzzesi. Vini che hanno abbinato, nelle loro migliori espressioni, una magnificenza cromatica e una fragranza aromatica incredibile, e una freschezza, ad una piacevolezza veramente contagiosa, che ha portato il sottoscritto e la persona con cui ho trascorso giorni bellissimi in vacanza a “seccare” letteralmente le bottiglie, a goderle sino all’ultima goccia.
Uno dei vini che in assoluto più mi hanno entusiasmato è una vecchia conoscenza, visto che del Cerasuolo di questo produttore, che si permette di produrre addirittura una selezione commercializzata dopo un anno (il 2012 uscirà nella primavera 2014), scrivevo già dieci anni fa, nel 2003,
sull’amatissimo sito corsaro WineReport. Sto parlando del Montepulciano Cerasuolo e della splendida selezione Pié delle Vigne (non prodotta nel 2011) dell’azienda
Cataldi Madonna di Ofena, località in provincia dell’Aquila posta al centro di un piccolo altopiano a forma di anfiteatro originalmente denominato il Forno d’Abruzzo, ovvero “un forno molto particolare perché giace sotto il Calderone, l’unico ghiacciaio degli Appennini e il più a sud del nostro emisfero: insomma un forno con annesso frigorifero. L’aria che spira dalla montagna rinfresca le giornate estive come se fosse in azione un gigantesco condizionatore naturale”.
In questa area, che era la maggiore produttrice di vino abruzzese fino alla seconda guerra mondiale, anticamente abitata dai Vestini, popolo pre-romano, almeno dal quinto secolo avanti Cristo, opera l’azienda Cataldi Madonna, la cui attività vitivinicola inizia nel 1920 e che iniziò ad imbottigliare nel 1975. Un’azienda composta da 27,4 ettari vitati esclusivo appannaggio di vitigni autoctoni e tradizionali quali Montepulciano, Pecorino e Trebbiano, tutti situati nel comune di Ofena fra i 320 e i 440 metri di altitudine. Luigi Cataldi Madonna, professore di filosofia e vignaiolo, è molto orgoglioso delle tradizioni locali e sull’etichetta dei suoi vini, Cerasuolo compreso, ha voluto porre il celeberrimo Guerriero di Capestrano, la cui statua, oggi assurta a simbolo della civiltà degli italici, venne ritrovata a pochi metri dai vigneti aziendali. I suoi rosati, pardon,
Cerasuolo, sono vini di assoluta tipicità che esaltano la capacità di quella grande uva che è il Cerasuolo di esaltarsi quando vinificato in bianco e destinato alla produzione di rosati.
Da un vigneto del 1970 coltivato a pergola e posto a 380 metri di altezza in località Macerone, con densità di soli 1500 ceppi contro i 2600 del vigneto a spalliera, del 1990, da cui nasce il cru Pié delle Vigne, Cataldi Madonna, utilizzando la tecnica della criomacerazione applicata a buona parte delle uve, fermentate a 15-18 gradi e successivamente lasciate a contatto con le fecce sottili, ottiene un rosato di “pericolosa” e contagiosa piacevolezza di beva, che si beve con gioia sino all’ultima goccia.
Splendido nel colore, un cerasuolo lampone brillante, luminoso, si impone, appena portato il bicchiere al naso, per i profumi netti, succosi, di lampone e fragola, di grande rotondità e calibrata dolcezza impreziositi da sfumature minerali e floreali e da una leggera nota balsamica che richiama la menta. La fase gustativa amplifica queste sensazioni di grande pulizia e freschezza, con una bocca viva, croccante, ben asciutta e secca al punto giusto (nessuna traccia di stupida
piacioneria in questo vino!), dotata di un gusto goloso, di una struttura tannica che innerva e vivacizza il frutto, di un’acidità che dà scatto e nerbo e dà energia, freschezza, vivacità ad ogni sorso, con un perfetto equilibrio tra frutta, acidità ed un alcol ben contenuto in 12 gradi.
Un Cerasuolo che ha sostanza e polpa e carattere da vendere e che portato a tavola, il produttore lo definisce “un rosato da tutto pasto, perfetto per accompagnare piatti al pomodoro e fritture”, accompagna splendidamente i piatti (noi l’abbiamo gustato su una ratatouille di verdure e su una frittata con basilico) e invoglia a bere, responsabilmente, con gioia. Cosa volere di più da un grande rosato?