Wolfgang Puck: lo chef delle star. Chi è ma soprattutto che cosa ha rappresentato per la "cucina americana"

Un docufilm su Disney Plus ci racconta la sua storia, di celebrità negli Stati Uniti a partire dagli anni 80. Ce lo fa conoscere lo stesso regista di Chef Table, David Gelb, con le sue scene intense fino al dramma. Ecco perché vale la pena vederlo.

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Intanto per uscire dai nostri orizzonti, talvolta un po’ circoscritti, che per lungo tempo sono iniziati in Italia e finiti in Francia. Qui si parte dall’Austria e si arriva a L.A. negli anni di Dynasty, gli anni '80, quando Wolfgang Puck apre il celebre ristorante Spago e diventa una star, tanto quanto Joan Collins. 

Il docufilm comincia con una scena al mercato: fateci caso, i docufilm che raccontano gli chef iniziano sempre fra i vegetali, come fossero tempere, e se non è un mercato è un orto. “Non mi piace parlare troppo del passato” dice Wolfgang al contadino, e così ha inizio la narrazione.

Wolfgang trascorre la sua prima infanzia a Sankt Veit an der Glan (un paesino in Carinzia), ed è lì che torna in visita alla sorella all’inizio del docufilm, in piena armonia con un topos del genere: il viaggio del protagonista-supereroe nel passato comincia con un ritorno (e spesso passa per una visita al cimitero). Wolfgang cresce da figlio illegittimo (in una società probabilmente poco inclusiva), con un patrigno violento e in un ambiente povero. Tre fattori che atterrerebbero chiunque ma non lui, anzi, sembrano i presupposti del suo successo e di una spinta vitale che ancora non si è esaurita. La sua carriera inizia al Parkhotel di Villach vicino a casa, a 14 anni, passa per il Baumanière (3 stelle Michelin) in Provenza e poi Parigi. A 24 anni Wolfgang Puck arriva in California.

Il trailer del docufilm

Wolfgang e la cultura gastronomica americana

Uno degli aspetti più interessanti del film è il racconto della cultura americana del cibo negli anni '70. Surgelato: ecco com'era il cibo che si serviva nei ristoranti, definito con un certo orgoglio ‘pronto’ non ‘fresco’. E la scelta iniziava con un hotdog e finiva con un hamburger. Cibo ma anche gusto abbinato al cibo, un buongusto distante da quello francese, al tempo modello di Wolfgang. Anche al Ma Maison, dove fu assunto dal nipote del proprietario del Tour d’Argent di Parigi, lo chef racconta di grossolanerie come il prato finto e le sedie in plastica. Sta di fatto che è la sua prima vera esperienza americana. Nel film c’è un’affermazione di Patrick Terrail, il proprietario del ristorante, in cui si coglie tutto lo spirito del momento: “Quando assunsi Wolf, lui non aveva la minima idea di come fosse cucinare per gli americani”. Wolf però fa conoscere la sua cucina, semplice e saporita, e bastano queste due qualità a conquistare il pubblico. E qui che si comincia a comprendere quanto questo giovane austriaco abbia aiutato gli americani a risignificare il loro rapporto con la tavola, a dare il via a un processo lentissimo, ancora in corso probabilmente, di (ri)conquista del sapore.

Anche il rapporto tra Wolfgang e Patrick è degno di nota, in quanto espressione della relazione tra chef e ristoratore a quell’epoca: il primo lavorava, il secondo raccoglieva gli onori e la maggior parte dei danari. A Wolfgang viene attribuito il merito di aver reso nota la professione e insieme l’identità dello chef, fino a quel momento anonima manovalanza da fornelli. I dissapori con Patrick lo portano a lasciare il Ma Maison e a dare inizio al mito di Spago: cucina californiana, a West Hollywood. Dopo un anno dall’apertura il New York Times titola: The spagoization of Manhattan perché il ristorante Spago modificò il modo di mangiare degli americani ma anche il loro modo di cenare fuori grazie all’idea di cucina a vista o alla pizza in un menu elegante, per fare due esempi.

Da Spago ci vogliono andare tutti e le celebrità vengono accomodate in funzione del rating del momento (diremmo ora): popolare? Posto centrale! Siamo negli anni '80, parliamo di Steven Seagal, Arnold Schwarzenegger, Tom Cruise, Sean Penn. E lui diventa lo chef degli Oscar apparecchiando anno dopo anno la cena dopo il red carpet.

Dal film, Wolf ne esce come un vero innovatore, uno chef celebre ben prima che il ‘fenomeno chef’ avesse inizio. Negli anni '80, mentre nasceva la stella di Wolf, in Europa ne succedevano di cose. Bocuse aveva pubblicato qualche anno prima La cuisine du marché e Gualtiero Marchesi riceveva 3 stelle Michelin, mentre nel 1984 Ferran Adrià arriva a El Bulli. Lo scenario negli Stati Uniti era diverso, c’era Julia Child, unica e incontrastata protagonista nelle cucine americane. E a tal proposito sono interessanti i frammenti di video di un’era alimentare non così lontana quanto sembra, nel tempo e nello spazio, spezzoni di trasmissioni televisive in pieno stile americano che fanno ben comprendere cosa l’esordio di Wolfgang a Good Morning America abbia rappresentato: il nuovo modello che darà origine a tante trasmissioni televisive sulla cucina, con al centro le ricette. Wolf è protagonista del tempo degli americani al fianco di Letterman o Martha Steward. E così crea il suo impero culinario.

In tutto questo parlare di stelle non si fa mai riferimento alle stelle Michelin, tanto da far pensare che non ne avesse. In verità al nostro primattore non sono mancate nemmeno quelle, quando Spago si spostò a Beverly Hills ne prese 2.

Non andiamo oltre per lasciare al racconto amori, figli, passioni, insicurezze e ricordi, anche le lucine sugli alberi e l’aspetto invitante della Wiener Schnitzel.

È interessante la lettura della recensione al docufilm del NYT, dove, si sottolinea quanto nel film si parli di cosa ha fatto Wolfgang Puck e non di chi sia. E a fare qualche ricerca si trovano altre fonti che lasciano intuire una relazione non facile con il proprio pubblico, come sempre. Dipende dal punto di osservazione: da questa parte del mondo il risultato è il racconto inedito di cosa accadeva nelle cucine americane negli anni di Černobyl e dei paninari e di chi ne fosse protagonista.

Un racconto che ci sembra destinato soprattutto a chi non c’era, a chi non riconosce Wolfgang Puck dalle foto ma, in qualche modo, ne raccoglie l’eredità.

Annalisa Musso
(Credits immagini: courtesy by Disney Plus)
Annalisa Musso

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