Yotam Ottolenghi

Ottolenghi, chef di origine israeliana, è l’autore di una cucina che coniuga Medio Oriente e Mediterraneo. Ha scritto 9 libri di successo e possiede 7 ristoranti, tutti a Londra. Lo stile Ottolenghi è colorato, naturale ma raffinato insieme, ha cambiato il modo di mangiare degli inglesi, e ha conquistato il resto del mondo (anche noi italiani).

Vi raccontiamo chi è Yotam Ottolenghi nel mese del veganuary, anche se la sua cucina non è vegana ma può essere fonte di ispirazione per chi segue questo regime alimentare. Le verdure, i cereali, i legumi, nelle ricette di Ottolenghi sono valorizzati e spesso proposti con quell’elemento di novità che tanto ci piace, in questo periodo, chiamati “twist”. Ecco, Ottolenghi, di twist ne ha sempre avuti parecchi rispetto alle nostre abitudini, benché la sua cucina poggi su solide basi mediterranee. Del resto, è fatto noto, che The Guardian lo chiamò a condurre una rubrica settimanale ‘the new vegetarian’, proprio perché le sue ricette vegetariane erano estremamente attraenti anche agli occhi carnivori. “Meat should be a celebration, not everyday”, “mangiare la carne dovrebbe essere un’occasione, un evento, non un’esperienza quotidiana” diceva più di dieci anni fa. “There is so much else out there.” "C’è così tanto altro là fuori!" (successivamente il Guardian eliminerà dalla sua rubrica il vincolo vegetariano, lasciando lo chef nella sua dimensione originale e incondizionata).

Ottolenghi professa da sempre una specie di ‘rispetto vegetale’, cuocere poco per mantenere le qualità più possibile inalterate e conoscere le origini di quanto si mette nel piatto. Concetti condivisi oggi, ma meno popolari vent’anni fa e, soprattutto, vent’anni fa a Londra.

Efficace il brillante titolo del New York Times: Ottolenghi è vegetariano di fama ma non di fatto.

Chi è Yotam Ottolenghi?

È uno chef e uno scrittore nato a Gerusalemme nel 1968, madre di origini tedesche, padre italiane.
C’è un bell’articolo sul New Yorker di 11 anni fa che svela un giovane ventinovenne che ha concluso un corso di studi ‘per geni’ in Israele, accessibile ogni anno a sole 14 matricole. Yotam si trova ad Amsterdam, ha appena terminato la sua tesi di laurea sullo ‘status ontologico dell’immagine fotografica nella filosofia estetica e analitica’.

Deve inviare tre copie della sua tesi in Israele, due ai suoi docenti universitari e una ai suoi genitori. Il padre di Yotam è professore universitario e la madre un’ex insegnante (figlia a sua volta di un insegnante) impiegata al Ministero dell’Istruzione (poca pressione, insomma). Nella copia per i genitori Yotam aggiunge un biglietto in cui esprime l’incipit di quello che sarà il suo futuro. ‘Voglio prendermi una pausa e frequentare una scuola di cucina’. Quella che sceglie è a Parigi, la più iconica, il Cordon Bleu. Le aspettative della famiglia, di un futuro accademico per Yotam naufragano. Il padre risponderà a quella nota con un laconico ‘non mi pare una buona idea’, ma così ha avuto inizio la sua brillante carriera nel mondo del cibo. Un percorso diverso rispetto a quello degli chef a cui ci siamo abituati, Ottolenghi è una figura che è riuscita ad anticipare la dimensione mediatica dello chef e insieme il messaggio che rappresenta. Una matrice semplice e culturale, locale e globale. Una figura unica quella di Ottolenghi, amato dagli appassionati di cucina ma anche da chi non ne sa molto.

Nel 1999 a Londra, dopo aver lavorato in ristoranti stellati ed esserne fuggito, l’incontro con Sami Tamimi a Baker and Spice, una bakery tradizionale, artigianale e accogliente. Una vera folgorazione, racconta Yotam, provato dalle recenti esperienze nella ristorazione londinese. Sami è una figura che ritroveremo sempre accanto a lui, nei ristoranti e nei libri, più volte scritti a quattro mani. “Venivamo dallo stesso posto e assaggiavamo il cibo nello stesso modo. E, naturalmente, il nostro modo di cucinare era molto simile. Entrambi volevamo sorprendere, ma anche che il nostro cibo fosse ‘comfortable’. Il nostro motto era: metti insieme ottimi ingredienti e lasciali parlare”. Dice Sami al New Yorker.

Dal primo locale aperto nel 2002 a Notting Hill (tre anni dopo che il film con Julia Roberts e Hugh Grant rese il quartiere popolare in tutto il mondo) ai 7 ristoranti di oggi, Ottolenghi è diventato il simbolo di una nuova proposta di cibo per il mondo anglosassone. Non solo inglese ma anche americano, a cui arriva anche grazie alla sua rubrica sul New York Times.

Un libro da conoscere: Jerusalem

Approfondiamo due best seller di Ottolenghi, molto diversi uno dall’altro. Il primo, Jerusalem, scritto con Sami Tamimi esce nel 2012, in Italia un anno dopo per Bompiani.

È la storia di una cucina risultato di infinite combinazioni, culturali e culinarie, un viaggio nella gastronomia gerosolimitana (così si dice per ‘nativa di Gerusalemme’) di due amici che hanno trascorso l’infanzia a Gerusalemme negli anni 70 e 80 senza conoscersi e che scopriranno solo a Londra, molti anni dopo, di condividere un patrimonio gastronomico e la sua energia emotiva. Yotam e Sami riconoscono nei gusti e negli odori di Gerusalemme la loro ‘madrelingua’, e in Jerusalem ripropongono l’alfabeto di sapori della città che li ha plasmati e in cui riconoscono la loro ‘casa’. Un libro per conoscere una cucina lontana ma non lontanissima, per guardarsi un po’ dentro e indietro, nei sapori dell’infanzia di ognuno di noi, diversi nel gusto ma simili nelle emozioni.

Il libro (che è anche un ricettario) parte da una domanda: esiste qualcosa che si possa chiamare cibo di Gerusalemme? Dove convivono provenienze, culture, religioni così diverse la cucina è un intreccio di influenze, sapori e subculture. Gli autori rintracciano dei leitmotiv: come le sfoglie al forno, le verdure ripiene di riso o di riso e carne, i cetrioli e i pomodori a pezzetti per l’insalata che si può chiamare araba o israeliana. Insomma, non esiste una risposta certa, esistono diversi punti di vista da cui partire per cercare una risposta. Quella di questo libro è moderna e applicabile ovunque. La riproducibilità si nota già dalle Patate dolci arrosto con fichi freschi, una ricetta che propone un frutto molto diffuso a Gerusalemme, il fico, accanto a una verdura arrosto, in pieno stile Ottolenghi (ci dispiace che consideri la glassa – leggi aceto balsamico IGP – alla stregua del balsamico DOP, ma ne comprendiamo le ragioni). Le ricette sono saporite, colorate, intense e complete di approfondimenti per comprenderne più a fondo la natura e il contesto. Noi abbiamo riproposto su Cucchiaio.it la ricetta delle falafel, un vero successo e per restare in clima vegetariano (se non vegano) ricordiamo il suo Risotto di orzo con feta marinata, fino alla Mejadra (cipolle fritte e lenticchie da gustare con dello yogurt greco). Si passa per il vitello, l’agnello, il merluzzo. Fra le ricette tante storie, in chiave storico-personale come le regole del kosher e il rapporto di Yotam con questa osservanza o la descrizione della maqluba: riso, verdure e carne tutto cucinato in una pentola, capovolta su un piatto di portata per servirla (maqluba significa proprio ‘a testa in giù).

Apri slideshow
Falafel
Vai alla ricetta
Bucce di patate al forno con harissa
Vai alla ricetta
I want drama in the mouth
Yotam Ottoleghi

Un articolo da rileggere

Oltre alla cucina vogliamo ricordare un articolo uscito su The Guardian nel 2013 dopo la nascita del primo figlio di Ottolenghi. Una bella lettura!

Libri di Yotam Ottolenghi

Ottolenghi, Yotam; Planty. Ten Speed Pr, 2010.
Ottolenghi, Yotam; Tamimi, Sami; Jerusalem. Random UK, 2012.
Ottolenghi, Yotam; Tamimi, Sami; The Cookbook. Ten Speed Pr, 2013.
Ottolenghi, Yotam; Planty More. Ten Speed Pr, 2014.
Ottolenghi, Yotam; Scully, Ramael; NOPI. Ten Speed Pr, 2015.
Ottolenghi, Yotam; Goh, Helen; Sweet: Desserts from London's Ottolenghi. Ebury Press, 2017.
Ottolenghi, Yotam; Simple. Random UK, 2018.
Ottolenghi, Yotam; Belfrage, Ixta;  Flavour. Ebury Press, 2020.
Ottolenghi, Yotam; Ottolenghi Test Kitchen; Murad, Noor; Shelf Love. Ebury Press, 2021.
Ottolenghi, Yotam; Ottolenghi Test Kitchen; Murad, Noor; Extra Good Things. Ebury Press, 2022.

Fonti:
The New Yorker, The Philosopher Chef. Yotam Ottolenghi’s ideas are changing the way London eats. 2012.
The Guardian, Yotam Ottolenghi: why I'm coming out as a gay father. 2013.
The New York Times, A chef who is vegetarian in fame if not in fact. 2011.
Ottolenghi.co.

Foto in copertina courtesy by Ottolenghi.co.

Annalisa Musso

loader