Di questo dolce squisito non si è mai stanchi. Per questo le sue varianti sono innumerevoli: queste sono tra le nostre preferite.
Tavola abruzzese che vai, parrozzo che trovi. Soprattutto se si avvicina il Natale, o durante le feste invernali. Un dolce della tradizione che ha ormai superato il secolo di vita dalla sua prima preparazione, e che, scommettiamo, vorrete preparare a casa subito. Piaceva moltissimo a Gabriele D’Annunzio (gli ha dedicato pure un madrigale) e piacerà di certo anche a voi.
Oggi rispondiamo alle 5 domande più diffuse su questo dolce della tradizione abruzzese.
Una soffice cupola morbida e friabile ricoperta da cioccolato fondente. Il parrozzo è il dolce del Natale abruzzese, nato a Pescara, ma diffuso anche nei piccoli borghi della provincia, tanto da aver ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale della regione Abruzzo.
Viene preparato con semolino (ma si possono trovare versioni soprattutto casalinghe anche con farina gialla), zucchero, mandorle tritate, essenza di mandorla amara, buccia di arancia o buccia di limone, liquore all'amaretto e cioccolato fondente per la glassa che ricopre questa cupola profumata e morbida, da gustare a fine pasto come dessert, ma anche come goloso accompagnamento a una tazza di buon tè.
Il parrozzo nasce nei laboratori di una pasticceria di Pescara nel 1920. Luigi D'Amico, il pasticcere, voleva impastare un pane rustico e dolce, che somigliasse al pane giallo fatto con il granoturco dei contadini. La forma, infatti, ricorda quella di una pagnotta. D'Amico usò il semolino con le uova per ottenere l’impasto giallo, e il cioccolato per riprodurre una sorta di crosta bruciacchiata. Altisonante il food test: la prima persona alla quale Luigi D'Amico fece assaggiare il parrozzo, infatti, fu l’amico pescarese Gabriele D'Annunzio che, talmente conquistato dal quel "pane rozzo", così aromatico e profumato, decise di decargli un madrigale, La Canzone del parrozzo:
“È tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c'avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce… e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce”
Come spesso accade per i piatti che affondano le proprie radici nella tradizione locale, anche per il parrozzo, il nome è di derivazione dialettale. L’idea di chiamarlo in questo modo è venuta proprio al titolare della pasticceria di Pescara che lo ha inventato, Luigi D'Amico, che voleva creare una sorta di pane dolce rustico e semplice. Un pane rozzo, insomma.
Preparare il parrozzo a casa non è complicato. Occorrono uova, zucchero, semolino, mandorle tritate, liquore tipo Amaretto di Saronno, limone, olio, cioccolato fondente e una noce di burro. Si separano i tuorli dagli albumi e si mettono in due ciotole diverse. Si montano i tuorli con lo zucchero, e si uniscono mandorle, semolino, buccia grattugiata del limone, olio, e liquore. Si montano gli albumi a neve e poi si incorporano delicatamente al composto mescolando dall’alto al basso.
Si inserisce il composto in uno stampo a cupola, e via in forno caldo a 160° per 40-45 minuti. Si lascia raffreddare, e si ricopre con la glassa di cioccolato fondente. Ecco la nostra ricetta del parrozzo.
Ad addolcire le Feste sulle tavole abruzzesi, non è soltanto il parrozzo, ma anche altri dolci tipici del come i bocconotti di Castel Frentano, la cicerchiata simile agli struffoli napoletani (diffusa anche durante il Carnevale), e i pepatelli, il dolce pepato della provincia di Teramo.
Di questo dolce squisito non si è mai stanchi. Per questo le sue varianti sono innumerevoli: queste sono tra le nostre preferite.
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