Ecco perché dovresti andare in Val di Non per il raccolto delle mele, almeno una volta nella vita!

Abbiamo imparato a ‘coir’ nei meleti del Consorzio Melinda assieme ad Angela, Camilla, Hermann e il resto della compagnia. Un’esperienza che non ci limitiamo a raccontarvi, ve la raccomandiamo con convinzione.

Non si tira, tanto meno si strappa. Non si usano le forbici o le cesoie. Non ci sono macchinari né robot (per ora). Le mele si colgono con le mani, ruotandole con cura e usando l’indice per trovare il punto giusto e proteggere il picciolo. Il picciolo che deve restare attaccato al frutto, non solo per ragioni estetiche ma anche perché staccandolo la zona circostante annerisce e la mela si guasta. Questa è la tecnica, la differenza la fa la velocità.

Mangiamo 800.000 tonnellate di mele in un anno, ma non ne cogliamo nemmeno una. Perciò abbiamo scelto un periodo fra i più suggestivi della filiera della produzione della mela per farlo, per assistere e partecipare al raccolto. Lo abbiamo fatto come redazione di Cucchiaio.it ma abbiamo scoperto che lo possono fare tutti.

La raccolta delle mele

Comincia a fine agosto, per concludersi, al più tardi, i primi di novembre: dalla fine dell’estate al foliage. Per la raccolta i produttori del Consorzio Melinda si organizzano con lavoratori stagionali, spesso gli stessi di anno in anno, con i quali nasce una relazione personale. E qui, per contrasto, naturale è il confronto con altre realtà di raccolta nazionale, dal pomodoro alle arance, tante volte esempi di sfruttamento e scelte deprecabili.

Siamo stati a raccogliere mele con la famiglia dell’Agritur Bella di Bosco. Con Angela e le sue tre figlie, Camilla, Giulia ed Elisa, abbiamo raggiunto i lavoratori già sui campi dalle 8 della mattina dove resteranno fino alle 18. Qui, tra i filari di mele, abbiamo visto lavorare fianco a fianco i nonni e le nipotine (la più piccola in senso figurato diciamo) insieme a lavoratori dal Mali, dalla Tunisia, dall’Est Europa. Un gruppo che definiremmo ‘inclusivo’ ma si può dire anche famigliare e gentile.

Del resto la gentilezza è una virtù in raccolta: con gentilezza vanno colte le mele e appoggiate nei cesti dal fondo morbido. Giulia ce lo ha detto (con una gentilezza mista a rimprovero): “il cestino non si appoggia mai per terra”. Poi è facile capire perché: le mele si danneggerebbero nel contatto con il suolo. Il fondo del cestino viene aperto nel cassone verde e le mele fatte gentilmente rotolare fuori per guardarle, misurarle e applicare così una prima selezione.
Hermann, il marito, dal canto suo ha risposto a tutte le nostre domande di città, senza scendere dalla scala, senza che il lavoro si interrompesse, trasmettendoci un senso di realtà, quella realtà che non può cambiare ritmo a ogni domanda.

E poi è toccato a noi, che ormai avevamo compreso la gentilezza che la natura richiede. Le abbiamo raccolte e assaggiate per scoprirne le differenze tra le varietà, di dolcezza, croccantezza e gusto. La giornata si è conclusa al meglio con un picnic nel giardino dell’agritur. Angela ci ha consegnato un cestino da consumare insieme, in un tempo speciale, lento e condiviso. Succo di mela, torta di mele e chiacchiere. Ci siamo entusiasmati noi che siamo grandi, ma abbiamo visto un’esplosione di gioia sulle facce dei più piccoli.

Un po' di numeri sulle mele

Abbiamo imparato a ‘coir’, come si dice qui, nei frutteti di Golden Delicious, icone di Melinda e della Val di Non, ma le qualità coltivate sono 9.

La Golden ha una caratteristica ‘faccetta rossa’, una grana gialla puntinata e ruvida. Le serve un terreno sabbioso per dare il meglio, acqua e sole, così cresce croccante e sugosa. Se la Golden è la più amata, la SweeTango è una vera sorpresa. È la prima a maturare, a fine agosto, è sweet come si intuisce ma anche un po’ tangy (che tradurremmo acidula). E poi la Renetta, che vi abbiamo raccontato in Come cucinare la mela renetta e L’Evelina dal colore rosso acceso e fresca al morso. E così via.

Servono 5 anni perché un melo raggiunga il massimo della produzione, alcuni meleti sono coperti per proteggere i frutti dal maltempo, dalla grandine soprattutto, e vengono scoperti per godere appieno, nella fase finale di maturazione, del sole che regala alle mele il colore che le connota. Su ogni albero, ci hanno detto i frutticoltori, in media crescono 100 mele.

Il Consorzio Melinda in Val di Non e Sole produce 400 mila tonnellate di mele, circa il 20% della produzione media nazionale. Sono 4.000 le aziende agricole famigliari che rappresenta, consorziate in 16 cooperative. Gli ettari di meleti qui sono 6.700 circa.

Il modello agritur

Gli agritur sono aziende agricole, in Val di Non e in Val di Sole, che producono mele per il Consorzio Melinda. Queste strutture, se in possesso di una serie di requisiti (fra i quali una condotta sostenibile), diventano Agritur Ambasciatori Melinda, per condividerne e rappresentarne i valori. L’idea dell’Agritur si fonda sulla volontà di costruire un’esperienza completa per il visitatore, che sperimenta la quotidianità della famiglia che lo ospita. Questo tipo di soggiorno dà accesso all’autentica vita di montagna, facendo convergere modello turistico e agricolo e creando un sistema di comunicazione efficace.

Abbiamo sperimentato due tipologie molto diverse di Agritur. Bella di Bosco, a Predaia, è la struttura di Angela, 5 stanze in un edificio costruito dieci anni fa, seguendo uno stile in continuità con la tradizione. Angela ha creato degli spazi di gioco per i bambini e di relax per gli adulti, grazie una piccola spa en plein air. Il concetto tradizionale di agriturismo si evolve, in questo caso, anche grazie all’attenzione al benessere, completato dal piacere di un aperitivo in tinozza, magari sotto le stelle o con la neve intorno. Resta salda l’attenzione ai bisogni concreti degli ospiti, che porta Angela a prestare una delle cucine di casa ai clienti, per facilitare pranzi e merende in loco.

Il Maso di San Bartolomeo, a Romeno, risale al 1100; il primo Calliari (la famiglia cui appartiene) da mezzadro vi abita dal 1600. Dopo una sapiente ristrutturazione, iniziata nel 2005 e durata tre anni, parte dei locali del maso diventano struttura ricettiva. Qui la tradizione si declina in una esperienza esclusiva perché permette di vivere un edificio agricolo storico (bene culturale della Provincia di Trento) in una delle sue 10 camere. La famiglia Calliari coltiva mele e gestisce l’Agritur. Renzo, il padre, ci ha raccontato la nuova storia del maso e quella antica, davanti a torte, marmellate e yogurt fatti in casa, a colazione. E abbiamo capito che può essere prezioso per chi vuole esplorare il territorio facendo trekking o bike.
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Immagini dell'Agritur Bella di Bosco e del Maso di San Bartolomeo
Ogni agritur ha la sua peculiarità e propone visite ai meleti come parte integrante di un’avventura che ci apre alla conoscenza di un mondo da esplorare, in cui il tempo è scandito dalla coltivazione delle diverse varietà e che in ogni stagione offre spunti differenti.

Abbiamo visto da vicino un modello semplice e sicuro, quello del Consorzio, che garantisce una vita sostenibile alle famiglie di produttori e si fonda su una dimensione sociale e di socialità. Abbiamo avvertito lo spirito di una collaborazione verso un obiettivo comune, salda e proficua. Siamo stati in luoghi dove l’ospitalità è un valore e la passione il vero leitmotiv di questa gente di montagna. Gente che vive e racconta la propria terra con l’aria di chi ha delle radici molto forti, come quelle di un albero di mele.

Ci sarebbero molte cose di cui parlare, per noi del Cucchiaio la perfetta destinazione d’uso con le infinite ricette che vedono protagoniste le mele, e poi il destino delle mele imperfette, la fioritura, Biancaneve e persino Calvino.

Ok Google, cosa ha scritto Calvino sulle mele? Provate, risponde.

La Redazione del Cucchiaio

 

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