Come cucinare i pizzoccheri: origine, ricetta e dove mangiarli

Un piatto tipico della Valtellina che ha superato i confini montani, per essere apprezzato in tutta Italia. Vi raccontiamo come prepararlo a casa e, ma non solo, perché ci sono tante curiosità da scoprire.

La ricetta è codificata, nessuna variazione sul tema: dopo la sciata o la passeggiata nella neve (ma si mangiano in ogni stagione), eccoli arrivare nella teglia, fumanti e filanti, con quell’inconfondibile profumo di burro, salvia e aglio arrostito. Sono i Pizzoccheri Valtellinesi, un piatto dalle origini povere, ma ricchissimo di sapore.

Valtellina: patria dei Pizzoccheri e del grano saraceno

Il loro nome deriva da “piz”, ossia pezzetto, in dialetto. Preparati con farina di grano saraceno, i pizzoccheri sono a tutti gli effetti il piatto più famoso della cucina valtellinese che ha saputo superare il perimetro dei confini locali. I Pizzoccheri della Valtellina IGP nascono a Teglio, un piccolo borgo nel cuore della Valtellina, luogo che per tradizione vanta da oltre quattro secoli una produzione eccellente e generosa di grano saraceno. Il “furmentùn”, o “farina negra” veniva coltivato sicuramente agli inizi del 1600: in un documento del governatore della Valle dell’Adda, ecco spuntare nero su bianco questo cereale che, con l’avvento di farinacei considerati di maggiore pregio, venne via via abbandonata, sino alla riscoperta degli ultimi due decenni.

Le proprietà organolettiche del grano saraceno hanno portato a rivalutarlo dal punto di vista nutritivo e biologico. Due qualità su tutte: è naturalmente privo di glutine, quindi adatto all’alimentazione di soggetti celiaci, e a basso indice glicemico, dunque indicato per diabetici e chi segue una dieta low carb e a ridotto quantitativo di zuccheri. Inoltre è ricco in minerali e vitamine rispetto ai comuni cereali e protegge il cuore perché contiene rutina.

Origini del piatto Valtellinese per antonomasia: quando nascono i pizzoccheri?

La prima volta che si legge del piatto iconico valtellinese risale al 1548: nel manuale “Catalo dell’inventario delle cose che si mangiano, et delle bevande c’heggedì s’usano” scritto da Ortensio Landi, si elencavano le prelibatezze gastronomiche mangiate nella cosiddetta “Meluzza comasca” (un tempo si identificava con questo termine l’area del Lago di Como, che comprendeva anche la Valtellina). Ebbene, proprio lì si servivano: formentini, lasagnuole, pinzocheri, vivarmolo. Altra testimonianza oltre due secoli dopo: H. L. Lehmann, nel suo Die Republik Graubunden, raccontava del piatto che un contadino della Valtellina mangiava sempre: i “perzockel”, che descriveva come tagliatelle fatte di farina di grano saraceno e due uova, poi cotte in acqua.
Pizzoccheri, con la nostra ricetta.

Nell’Ottocento nasce la ricetta ufficiale

La ricetta corposa, saporita e ricca come la si conosce e gusta ora durante la gita a Bormio, Madesimo e Livigno, fa il suo ingresso nelle cucine di inizio Ottocento. Spariscono le uova cotte e vengono aggiunti: patate, verze o coste o fagiolini a pezzetti; e due tipi di formaggio a scaglie - Bitto e Casera - uno più magro e uno più grasso, e poi conditi con un intingolo di strutto e aglio.

A Teglio c’è anche un’Accademia del Pizzocchero

La riscoperta di questa ricetta dalle antiche origini è stata parecchio caldeggiata dalla comunità valtellinese, che nel 2002 ha portato alla nascita dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio per “difendere il piatto forte dell’enogastronomia valtellinese dalle imitazioni valorizzandolo al tempo stesso come simbolo di una cultura antica”. Nel 2016 il piatto ottiene il riconoscimento IGP, con la denominazione “Pizzoccheri della Valtellina IGP” e l’Accademia, che detiene la ricetta codificata, ha creato un vero e proprio marchio: “Pizzoccheri di Teglio®”.

Un nome e quattro formati

Secondo il disciplinare di tutela, i pizzoccheri sono una pasta a base di farina di grano saraceno, farine di grano duro e grano tenero e acqua, che può essere commercializzata sia fresca che secca. Il Tagliatello è l’unica variante “fresca”, e consiste in una sorta di tagliatella larga tra i 5 e gli 11 mm, mentre la lunghezza, che comunque è piuttosto corta, varia a seconda della mano che la prepara. Esistono, poi, tre varianti secche: il Tagliatello steso, ossia sottili liste appiattite lunghe dai 3 ai 6 cm; il Tagliatello avvolto, di lunghezza e larghezza variabile e larghezza compresa tra 3-11 mm, ovviamente in formato avvolto; e Gnocchetto: la larghezza della pasta è di circa 7-11 mm, mentre la lunghezza di 16-22 mm, ed è leggermente concavo.

Ma torniamo ai Pizzoccheri Valtellinesi: la loro consistenza deve essere semidura (più dura nella tipologia secca). Il colore è marrone più o meno scuro, dovuto al grano saraceno, che in cottura tende al grigiastro. Il sapore è particolarmente delicato e dolciastro.

In Valchiavenna i Pizzoccheri sono gnocchi

I pizzoccheri della Valchiavenna, altra valle in provincia di Sondrio, non sono di grano saraceno, e non sono “tagliatelle corte”, e neppure hanno tra gli ingredienti patate e verze. Ordinare questo piatto in un crotto a Chiavenna, a Piuro o al confine con la Svizzera, significa gustare degli gnocchetti bianchi, preparati con patate, pane raffermo strizzato nel latte, e farina bianca, serviti con burro fuso, salvia, Bitto a scaglie, aglio abbrustolito e noce moscata.
I pizzoccheri dello chef Gianni Tarabini de La Fiorida, stella verde Michelin.

La ricetta ufficiale

Senza spostarsi da casa, è possibile ricreare la stessa atmosfera di un tipico crotto, almeno in cucina. Quale passaggio preciso, e ingredienti semplicissimi da reperire, soprattutto durante la stagione fredda per le verze, che possono essere sostituite dalle coste in altri periodi. Nella ricetta dell’Accademia del Pizzocchero è prevista la realizzazione della pasta fatta in casa, ma chi non volesse cimentarsi con l’impasto, potrà saltare questo step e passare direttamente alla cottura e al condimento, acquistando dei Pizzoccheri freschi o secchi.

Gli ingredienti:
- 400 g di farina di grano saraceno
- 100 g di farina bianca
- 200 g di burro
- 250 g di formaggio Valtellina Casera DOP
- 150 g di formaggio grana da grattugia
- 200 g di verze
- 250 g di patate
- uno spicchio di aglio
- pepe

Per preparare a regola d’arte la pasta si uniscono le due farine, con acqua e si lavorano per circa 5 minuti. Con il mattarello poi si tirano fino ad ottenere una sfoglia di 2-3 mm, dalla quale si tagliano delle “tagliatelle” lunghe 7-8 cm e larghe 5 cm.

Una teglia di pizzoccheri in preparazione.
In pentola si fanno bollire le verdure - verze a piccoli pezzi e patate a tocchetti - in acqua salata per sei-sette minuti. Si uniscono i pizzoccheri, ed il tutto andrà cotto per una decina di minuti. Si raccolgono con una schiumarola, e si stende il tutto in una teglia. A questo punto si cosparge con formaggio grana grattugiato e Valtellina Casera DOP a scaglie. Due strati di Pizzoccheri e formaggi, e infine si condisce con burro fuso, in cui è stato soffritto dell’aglio (chi lo desidera anche con qualche foglia di salvia). Una macinata leggera di pepe, e dritti in tavola: ecco qui la nostra ricetta dei Pizzoccheri, per passare subito alla pratica.

Dove mangiarli: dalla Valtellina a Milano

Chi pensa a una gita in Valtellina, potrà gustare la versione stellata del piatto simbolo per eccellenza. A La Fiorida, agriturismo con caseificio (in cui produce anche il Casera Dop usato nei Pizzoccheri), e ristorante 1 stella verde Michelin, lo chef Gianni Tarabini li prepara in maniera magistrale. A interpretare il piatto anche chi il territorio valtellinese lo conosce perfettamente, chef Stefano Masanti, 1 stella Michelin, de Il Cantinone di Madesimo, all'interno dello Sport Hotel Alpina, dà la degna ricompensa alle fatiche sulla neve, senza pentimento (in montagna servono energia e calore).

Ci spostiamo in provincia di Varese, precisamente a Malnate, dove si aprono le porte del Crotto Valtellina, regno di Roberto Valbuzzi, chef e volto tv di Real Time, che propone tutti i grandi classici del territorio. Pizzoccheri compresi.

Un piatto, i pizzoccheri, che non si gusta soltanto tra verdi pascoli e cime innevate, ma anche in città. Se siete a Como c’è il suggestivo Tira, Mola e Meseda, locale dove i prodotti tipici sono valorizzati al meglio. Se invece siete a Milano, c’è Osteria Valtellina, a pochi passi da Parco Forlanini, di recente restyling dopo l’apertura nel 1986, con l’anima di Marco Maccarini (tra i soci), volto noto di Mtv negli anni 2000.

Pizzoccheri dello chef Gianni Tarabini de La Fiorida, stella verde Michelin.

Gli errori da non fare

La ricetta autentica e precisa la si conosce. Ora, però, occorre fare attenzione a qualche blasfemia quando si ha a che fare con i Pizzoccheri. Pasta e verdure non ci cuociono in pentole separate: la pasta deve assorbire il sapore degli ortaggi. Avete letto la parola uova tra gli ingredienti? No. I Pizzoccheri sono molto delicati, quindi non vanno “buttati” nello scolapasta perché rischiano di rompersi o sfaldarsi: ci arma di schiumarola, si scola per bene, e si trasferisce in teglia.

La teglia, inoltre, deve essere molto calda. Non basta il calore della pasta e degli ortaggi a far fondere il formaggio. Quindi, prima di versare i Pizzoccheri, fate fare un giro in microonde alla pirofila. I Pizzoccheri, intesi solamente come pasta e non come piatto cucinato, si prestano molto bene a essere introdotti nella dieta, essendo oltretutto benefici per la linea. Se proprio non si può cedere alla tentazione del burro e del formaggio fuso in quantità generose, ci si può limitare a una versione “light” con patate, verza, burro chiarificato e grana, oppure con altre verdure di stagione, ma tenete lontana la passata di pomodoro. Quella no, è moralmente vietata.

Eleonora Lanzetti

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