Da Rieti al resto d'Italia, ristoranti Solo per Due come risposta al distanziamento e all’ansia da contagio

Un'idea nata oltre 30 anni fa alle porte di Roma potrebbe aiutare il mondo della ristorazione a sopravvivere alle nuove regole legate al coronavirus: ecco come

C’è lo chef Vissani che non riapre il suo ristorante perché “non ci sono le condizioni” e “non so come pagare il personale” (secondo quanto spiegato al Cucchiaio, la riapertura è “in programma fra la metà e la fine di luglio”), a Venezia c’è Cipriani che sino all’ultimo era in dubbio se riaprire lo storico Harry’s Bar perché “le regole sono assurde”, c’è il mondo della ristorazione, dei bar, delle pizzerie, delle osterie che è alle prese con distanziamento sociale, sanificazione e tutte le prescrizioni legate all’emergenza coronavirus e rischia di perdere complessivamente quasi 30 miliardi di euro in un anno.
Il dato è della Fipe, la Federazione italiana Pubblici esercenti: secondo i calcoli, il settore ha già bruciato 12 miliardi nei primi mesi del 2020 e a rischio ci sarebbero circa 50 mila imprese e 300 mila posti di lavoro.

Il problema non sono solo i clienti (e gli incassi) persi negli oltre due mesi di chiusura forzata a causa del lockdown, non è solo che bisogna adeguare i locali ai nuovi regolamenti, installare i dispenser di liquido igienizzante, disinfettare tutto ogni giorno, comprare i dispositivi di protezione per il personale e magari pure per i clienti. No: il problema è che non puoi più fare i coperti che facevi prima (che è la ragione per cui Vissani ha detto che “non ci sono le condizioni”), è che dove prima stavano 100 persone adesso ce ne stanno 60, 50, se non addirittura 30. È che alcuni ristoranti non ce l’hanno proprio, lo spazio per tenere un metro di distanza fra una seduta e l’altra.

E in un ristorante dove di sedie ce ne stavano solo due? Sempre 2 ce ne possono stare, e forse questa potrebbe essere una delle strade da seguire per rilanciare la ristorazione, provando a trasformare da una debolezza a una forza la (necessaria) esiguità dei coperti. Una peculiarità, anche.

A cena solo in 2, l’apoteosi del distanziamento

Non è un’esagerazione: vicino a Rieti, più o meno a un’ora di macchina a nord di Roma, da oltre 30 anni c’è un posto che sia chiama Solo per Due e come dice il nome ha appunto solo 2 coperti: si prenota al telefono, una settimana prima si concordano l'orario e il menù (di carne, di pesce, a base vegetale) e quando si arriva il cancello si apre e permette l’accesso alla struttura, praticamente senza contatto con il personale. Che era suggestivo prima e diventa fondamentale adesso.

All’interno, una saletta con due poltrone, un caminetto, la tavola con due posti a sedere: il cameriere c’è ma non si vede, e arriva solo suonando un campanello; indossa i guanti, ma li indossava pure prima della pandemia e dell’ansia da contagio. È l’apoteosi del distanziamento (e pure del romanticismo), come ha ben capito il titolare: “A fine aprile abbiamo pubblicato un post sulla nostra pagina Facebook per concedere per la prima volta l’utilizzo del nostro marchio ai ristoratori che abbiano il desiderio di riaprire le loro attività - ci ha raccontato al telefono Giovanni Di Claudio, che nel settembre del 1988 ha creato il Solo per Due - L’idea è quella di provare ad aprire in ogni luogo d’Italia un ristorante così, con un solo tavolo dove servire cibo e bevande di alta qualità, dove i camerieri stanno a distanza, gli unici ospiti vengono serviti con i guanti bianchi, senza code, file o turni e con il tempo di mettere in pratica tutte le rigide procedure di pulizia. Ovviamente, il prezzo del servizio dovrà essere adeguato ai nuovi costi, ma è inevitabile”.

Perché, sì: cenare solo in due e avere il ristorante tutto per sé costa, e costa parecchio. Su soloperdue.it al momento si parla di 250 euro a persona, tutto più o meno compreso, ma questo non ha mai spaventato i clienti: “Abbiamo riaperto l’1 giugno, abbiamo già tutto prenotato e per certe date specifiche (come San Valentino, la fine dell’anno e simili) la lista d’attesa è di un anno, un anno e mezzo”. E non ha spaventato neppure chi vorrebbe imbarcarsi in questa impresa: “In un paio di settimane abbiamo ricevuto una decina di manifestazioni d’interesse - ha spiegato Di Claudio - molte di non professionisti del settore che vorrebbero provare, anche se un ristorante così non si mette in piedi dal nulla, improvvisando. Sono però in trattativa con tre di loro, un ristoratore sull’isola di Procida, uno della Toscana, uno al confine fra Friuli e Veneto, che potrebbero essere i primi Solo per Due... in franchising”.

La speranza è che siano i primi tre di una lunga serie: “L’Italia è piena di posti belli o bellissimi che sarebbero adatti, vorrei davvero che ogni cittadina, borgo, paesino, ogni grande città potesse avere un ristorante così, anche per evitare al cliente la sgradevole sensazione di sentirsi in fila al pronto soccorso”. Guanti sì, insomma, ma solo quelli bianchi del cameriere.

Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.


Illustrazione di Davide Abbati.

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