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Il Pastificio Agricolo Mancini fa la pasta solo con il grano che coltiva: abbiamo intervistato il presidente per capire quanto sia diventato difficile farlo e che cosa succederà nel 2023.
Massimo Mancini ha 54 anni ed è un imprenditore: è presidente del pastificio che porta il suo nome, quello che suo nonno ha fondato nelle Marche nel 1940. Ma in qualche modo, Massimo Mancini è anche un contadino: la sua azienda produce pasta solo con il grano che coltiva. Lo coltivano proprio lì, intorno allo stabilimento. E quanta pasta fanno, dipende da quanto grano hanno.
“A luglio 2022 ne abbiamo raccolte circa 2500 tonnellate”, che sembra tanto ma è il 20% di grano in meno per ettaro rispetto al 2021: “Ci aspettavamo che sarebbe successo, e dunque avevamo seminato di più”. Nonostante questo, la resa è stata appunto minore: “Rispetto a una media di 48-49 quintali per ettaro di terreno - ci ha raccontato - nel 2022 siamo scesi a 40 quintali per ettaro”. E visto che nella lavorazione si perde circa il 30% del prodotto, da quelle 2500 tonnellate di grano raccolte a luglio si arriva a una produzione di circa 1800 tonnellate di pasta per il 2022. E basta: questa c’è e questa si vende.
Si vende in Italia e all’estero, sempre di più all’estero: il Pastificio Agricolo Mancini (questo il nome esatto dell’azienda), dà lavoro a una quarantina di persone, fra quelle che si occupano direttamente della pasta e quelle impegnate nella parte delle coltivazione, fattura 6 milioni di euro all’anno e quest’anno ha esportato il 35% della produzione. Era il 10% nel 2018 e il 30% l’anno scorso.
A vederle da fuori, le cose vanno bene, anche se non è facile farle andare bene: “Coltivando il grano da soli e non importandolo, non siamo stati praticamente toccati dai rincari che hanno colpito le materie prime, che sono iniziati ben prima della guerra in Ucraina, già fra luglio e agosto 2021”. E però, hanno rischiato di essere travolti dagli aumenti di più o meno tutto il resto: “Sono saliti tantissimo i costi di coltivazione, per gasolio, sementi, concimi organici e inorganici, che sono quasi triplicati”, ci ha spiegato Mancini, aggiungendo che oggi per coltivare e raccogliere 1 quintale di grano si spendono complessivamente 43 euro, contro i 24 del 2021.
Ancora: “Come per tutti, sono saliti i costi degli imballaggi e dei cosiddetti servizi, come i trasporti e l’energia, con il metano che nel 2021 costava 0,17 euro a metro cubo e adesso arriva a 1,10 euro”. Sono quasi 7 volte tanto, e anche se l’azienda ha un impianto fotovoltaico da 80 kW, da solo non è sufficiente per fare fronte ai rincari, perché “copre solo per il 30% del nostro fabbisogno”.
E quindi Mancini ha fatto quello che altri suoi colleghi hanno fatto, perché non si poteva evitare di farlo: “A inizio 2022 abbiamo aumentato del 10% i prezzi dei nostri prodotti al consumatore, cosa che ci ha permesso di affrontare abbastanza agevolmente i primi 7-8 mesi dell’anno”. Quando gli abbiamo chiesto se secondo lui basterà, o se sarà costretto a ritoccare ancora i prezzi all’insù, ci ha risposto senza tanti giri di parole: “Non lo so, davvero non lo so - ha ammesso - Non so se basterà e non so come faremo nel 2023, sarà complicato fare un prezzo e aspetteremo la fine dell’anno per decidere e stabilire i nuovi listini. Prenderemo tutto il tempo che ci serve”.
Secondo lui, il problema (meglio: uno dei problemi) è anche il cosiddetto PUN, il Prezzo Unico Nazionale per l’energia, perché “c’è troppo scostamento fra la tariffa stabilita e quella reale, imposta del mercato. Ci sono troppe fluttuazioni, ed è difficile fare previsioni”. Insomma: è difficile stabilire oggi quanto costerà un pacco di pasta Mancini nel 2023, ma una mano per capirlo potrebbe arrivare da Francesco Lollobrigida, nuovo ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, cui abbiamo rivolto l’appello Salviamo la pasta italiana dove Mancini dichiara: “Lo Stato dovrebbe sostenere i progetti agricoli davvero di qualità” e smettere di dare fondi “a chi fa coltivazioni estensive, ai parassiti del mondo agricolo, a chi pensa solo all’ammasso e ha come unico scopo quello di produrre e basta”. Con poca attenzione alla qualità, pare di capire dalle sue parole.
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