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Chianti

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Pubblicato il 24.06.2021

STORIA

Il Chianti sarebbe in verità da declinare al plurale: “I Chianti”, in quanto esistono più denominazioni legate a diversi territori della Toscana. Al vertice della piramide ce n'è però uno solo: il Chianti Classico DOCG, che espone in etichetta il simbolo del Gallo Nero e si produce a cavallo tra le province di Firenze e Siena.

Il termine classico nelle denominazioni di origine si assegna solitamente ai vini che provengono dal territorio dove, dalle fonti storiche, è attestata la loro produzione più antica. Il territorio del Chianti Classico da questo punto di vista può vantare un retaggio storico eccezionalmente solido: i suoi confini si rifanno addirittura a un bando del 1716 del Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici, titolato “Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Vald’Arno di Sopra”.

Chianti è dunque, dal principio, il nome di una regione prima che di un vino, e si tratta tradizionalmente di un vino da assemblaggio, frutto cioè del taglio tra uve diverse. Non meno dell’80% secondo il disciplinare attuale è Sangiovese, mentre per le uve che completano il taglio ci sono state alcune evoluzioni nel corso dei secoli.

Dobbiamo menzionare il secondo uomo politico particolarmente importante nella storia del Chianti, dopo Cosimo III: il barone Bettino Ricasoli, protagonista di primo piano del Risorgimento e primo ministro per due mandati, dopo Cavour. Proprietario terriero, Ricasoli elaborò la prima ricetta del Chianti che sia giunta a noi in forma scritta: prevedeva il 70% di Sangiovese, il 25% di Canaiolo e il 5% di Malvasia (bianca). Questa ricetta, con l’eventuale aggiunta di altri vitigni, Colorino e Trebbiano, e svariate interpretazioni personali sul tema da parte dei produttori, si è tramandata senza grandi variazioni fino agli anni ’80 del Novecento.

La modernizzazione del Chianti vede la luce in quegli anni con l’intento di nobilitare il vino e renderlo più adatto al gusto internazionale. Non che il Chianti non fosse conosciuto all’estero, ma lo era soprattutto come vino bevuto dagli emigranti italiani nel tipico fiasco impagliato da un litro e mezzo. Fu un tipico caso di riposizionamento verso l’alto come dicono gli esperti di marketing. Fu abbandonato il fiasco, via le uve bianche, e si aprì al taglio del Sangiovese con i vitigni francesi di Bordeaux, in particolare Cabernet e Merlot. Dei vecchi vitigni si è conservato, in alcuni vini, soprattutto il Canaiolo

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TERRITORIO

Per il Chianti è restato determinato e sia dallo Spedaluzzo fino a Greve; di lì a Panzano, con tutta la Podesteria di Radda, che contiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al confine dello Stato di Siena” recitava il bando del Granduca del 1716. Oggi il Chianti Classico si produce in sette comuni (o parte di essi): Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Radda in Chianti, Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi in provincia di Siena; Greve in Chianti, Barberino, Tavarnelle e San Casciano in Val di Pesa in provincia di Firenze.

Una recentissima delibera dell’Assemblea dei produttori del Consorzio di Tutela ha introdotto le Unità Geografiche Aggiuntive; per la tipologia Chianti Cassico Gran Selezione in etichetta si potrà riportare quindi, oltre alla denominazione comune a tutta l’area, quello di una zona di produzione più ristretta (un comune o una frazione o contrada): Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio (comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e di Poggibonsi), Vagliagli.  Si perfeziona quindi il sistema di denominazioni a piramide.


Il nome Chianti è stato però utilizzato come bandiera per valorizzare diversi territori della Toscana, sebbene non facciamo realmente parte della regione storica del Chianti. Abbiamo quindi, oltre al Chianti Classico DOCG, un Chianti DOCG, prodotto in un’area molto più grande, che si estende su diverse province, e che comprende sette cosiddette sottozone: Chianti Colli Aretini, Chianti Colli Fiorentini, Chianti Colli Senesi, Chianti Colline Pisane, Chianti Montalbano, Chianti Montespertoli e Chianti Rufina.  

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TIPOLOGIE

Faremo qui riferimento alle sole tipologie del Chianti Classico, precisando che anche per il Chianti DOCG esiste una tipologia Riserva, mentre la tipologia “Gran Selezione” esiste solo nel Classico.

- Chianti Classico annata: rappresenta la base della piramide, non prevede obbligo di invecchiamento.

- Chianti Classico Riserva: vino di livello superiore che prevede un invecchiamento minimo di 24 mesi (di cui 3 di affinamento in bottiglia).

- Chianti Classico Gran Selezione: rappresenta la cima della piramide; un vino ottenuto da singola vigna o da selezione delle uve migliori seguendo regole particolarmente restrittive, con un invecchiamento minimo di 30 mesi e una percentuale di uve Sangiovese di almeno il 90% (mentre è 80% nella altre tipologie).

ASPETTO, ODORE, SAPORE

Il colore tipico del Sangiovese è un rubino brillante intenso ma non troppo scuro. Il taglio del Chianti con vitigni più carichi di colore (come ad esempio il Cabernet Sauvignon) possono donargli un colore decisamente più intenso e stabile, che vira al granato molto lentamente e solo dopo lungo invecchiamento.

Al naso sprigiona un bouquet ricco, tipici i sentori di frutti rossi freschi e di viola, mentre nella tipologia Riserva si aggiungono le note balsamiche e speziate tipiche dell’affinamento in botte.

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ABBINAMENTI A TAVOLA

Compagna ideale del Chianti resta senza dubbio la carne di manzo. La fiorentina o altri tagli di bovino adulto valorizzano le migliori caratteristiche di questo vino, i cui tannini si addolciscono nella combinazione con le proteine della carne. Per restare nel solco della tradizione anche i crostini di fegatelli o un ottimo pecorino di Pienza e dintorni rappresentano un ottimo completamento per un calice di Chianti.

a cura di Maurizio Gily, agronomo ed esperto di enologia

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