Devo ancora una volta ringraziare l’amico e collega ligure
Salvatore Marchese, nativo di Castelnuovo Magra, patria del
Colli di Luni Vermentino, se ho scoperto l’esistenza di questa azienda,
Podere Val di Toro. Ne ho trovata notizia in una delle ultime pubblicazioni del prolifico Salvatore (I parchi del buon gusto, 22 ristoratori si confrontano portando i tavola i prodotti di qualità) da lui curata per l’assessorato Agricoltura e marketing territoriale della Provincia di Livorno. Un bel volume che comprende ricette proposte da cuochi liguri, sardi e toscani, con tanto di abbinamento dei vini.
Quando ho letto che questa azienda maremmana produceva un rosato di Sangiovese, mi sono ingegnato per poterlo rapidamente provare per voi. E ho così scoperto che non solo l’azienda produce il rosato di scena oggi,
ma anche un Sangiovese in purezza denominato Reviresco e un Igt Maremma Sangiovese e Montepulciano (niente vitigni bordolesi, che Bacco vi benedica!) denominato Val di Toro e un sorprendentissimo (si può dire? Non lo so, io lo dico) bianco, Auramaris, un Vermentino per l’85% con un saldo di 15% nientemeno che di Grechetto, di cui ho bevuto un 2009, prima annata di produzione, da standing ovation (ne scriverò presto
altrove).
Bella scoperta davvero questo
Podere Val di Toro che si trova vicino Grosseto nella Maremma Toscana, sulla sommità di Poggio La Mozza, a circa 90 metri sul livello del mare. Un’area che beneficia di un ottimo microclima favorito da forti venti e buone escursioni termiche, con terreni che deriva da disgregazione di roccia arenaria con un ottimo scheletro. I vigneti sono giovani, impiantati nel 2004 da Anna Maria Cruciata e Hugh Constable Maxwell, che sono seguiti (per me un’assoluta garanzia di serietà e competenza) dal grande enologo
Maurizio Castelli “con il quale condividono la spiccata sensibilità verso l’ambiente e l’impiego di pratiche vitivinicole della più alta qualità”. Vigneti, dieci ettari dei 25 totali disponibli, selezionati scegliendo i migliori terreni e la migliore esposizione a Sud, Sud Ovest, con una densità per ettaro di circa 6000 viti allevati a guyot e cordone speronato.
Di questo
Alfa Tauri Rosato prodotto a partire dal 2011, posso dirvi che è un Sangiovese in purezza, con una resa per ettaro di 80 quintali, vinificato e affinato in acciaio, con dati analitici, interessanti per la Maremma, che parlano di 3,28 di pH e 5,90 di acidità totale. E che mi è piaciuto perché non è il solito rosato un po’ furbetto tutta frutta, magari con un residuo zuccherino elevato, rotondo, morbido e
easy drinking, ma un rosato che si fa notare per un proprio carattere e una sicura personalità.
Personalissimo (bottiglia bianca con etichetta chiara che fa risaltare l’aspetto cromatico) il colore, che il produttore definisce “rosato tenue ed elegante che ricorda la buccia di pesca” e che io chiamerei anche rosa pallido, sfumatura buccia di cipolla con venatura che richiama la cipria, e delicato, definirei discreto, salato e minerale e agrumato più che fruttato (in due non abbiamo colto “la fragola e note tropicali di mango e papaya sullo sfondo” dichiarati nella scheda tecnica), il bouquet, con una vena di pesca bianca, se vogliamo, ma soprattutto con tanto sale.
La bocca convince ancora di più, asciutta, larga, piena, di buona consistenza e con un bel sostegno tannico (il Sangiovese è una signora uva, non un’uvetta qualsiasi…), con una ciliegia succosa in evidenza, un’acidità ben rilevata, un nerbo preciso e scattante, una bella vena minerale (ancora una volta salata), con grande freschezza e indubbia piacevolezza e un finale lungo e preciso.
Un vino equilibrato, ben fatto, elegante, che abbinato a piatti dove è presente il pomodoro, nel nostro caso una pizza, sembra più largo. Quanto agli abbinamenti, pizza e umidi di pesce e parte, dove va benone, azzardatevi ad abbinarlo a quello che più vi garba. La mia Lei, che non è una provinciale come me, ma che ha girato il mondo e ne sa una più di Bertoldo, dice che si sposa anche su sushi e
tempura. Fidatevi, non sbaglia (quasi) mai…