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Guida definitiva all’Italia in tavola: cucina regionale, ricette e sapori

pubblicata il 11.07.2022

Partiamo per un viaggio in tre puntate all'insegna del gusto da Nord a Sud dell'Italia, per scoprire tutto il buono della nostra tradizione, con qualche incursione di celebri chef a raccontarci i grandi classici che hanno in menu.

Le mete di un viaggio, si sa, vanno esplorate in ogni meraviglia: artistica, naturalistica, ed enogastronomica. Nel variegato universo culinario delle tradizioni regionali ed ultra locali, tracciamo un itinerario che dal Monte Bianco ci porta sino alle spiagge di Sicilia e Sardegna, dalle confortevoli zuppe in rifugio, alla fregola di mare mangiata con il rumore delle onde nelle orecchie. Ogni territorio vanta ricette e preparazioni di lungo corso, ma volendo fare una selezione, ecco che si viene a delineare un tour di gusto tra gli imperdibili da ordinare. Che siate al mare o in montagna, non importa.

Cosa mangiare: dalle baite alpine alle Langhe, scendendo in Liguria

Questo itinerario cultural-gastronomico tutto italiano comincia proprio da nord ovest, in Val d’Aosta. I vacanzieri diretti alle pendici di sua maestà il Monte Bianco, complice le temperature decisamente fresche, potranno concedersi alcuni piatti tipici della zona come la fonduta, la seupa à la Vapelenentse, ossia la zuppa della Valpelline, preparata con pane bianco raffermo, fontina, burro, verza e brodo; e il favò, la crema di fave tipica di Ozein. Rimanendo sulle Alpi, ma spostandoci in Piemonte, invece, le influenze francesi e sveve si palesano nel piatto. Qui si ordinano la soupe grasse, tipica della Valsusa e preparata anch’essa con pane raffermo, brodo, toma a cubetti, cipolle e noce moscata, oppure gnocchi al formaggio (soprattutto in Val d'Ossola), ma anche rustici piatti di selvaggina, accompagnati da polenta. 

Nelle Langhe, in un tour tra calici di Barolo e alta cucina (una zona in cui andare praticamente sul sicuro) la carne è assoluta protagonista. Dalla carne all’albese (solitamente battuta a coltello e condita con olio e limone) al vitello tonnato che, lo sappiamo, si mangia in ogni regione d’Italia, ma la paternità è rivendicata dai piemontesi che lo preparano con tutti i crismi (non nominate neppure la salsa tonnata pronta!), si passa agli intramontabili tajarin al tartufo bianco e ai plin, il classico della pasta ripiena. “E’ una ricetta della grande tradizione gastronomica del Piemonte che fa parte della memoria: gli agnolotti del plin sono un piatto che mia mamma Lidia ha contribuito a rendere celebre in tutto il mondo e che, ancor oggi, proponiamo nel nostro menu -spiega lo chef Ugo Alciati, stella Michelin al Guido di Serralunga d’Alba- Sono perfetti in ogni occasione: possono essere serviti sia nelle versione con il sugo d’arrosto, sia nel tovagliolo da accompagnare con il brodo.”

Si scende in Liguria, e qui, da Levante a Ponente, è tutto un susseguirsi di profumi. Una costante ad ogni meta: la focaccia. Classica, con quella patina salata e le “puccette” di olio extravergine, o quella di Recco, la fugassa cö formaggio, una Igp che per chiamarsi in quel modo deve essere sfornata solo a Recco, Sori, Camogli e Avegno, altrimenti è “solo” focaccia al formaggio. E ancora il pesto i pansoti al sugo di noci, la pasta ripiena tipica della riviera e dell’entroterra tra Genova e Savona, dove provare anche lo stoccafissoaccomodato”; o il coniglio alla ligure. La farinata di ceci, invece, è la protagonista assoluta degli street food locali.

Si va per rifugi: la cucina di montagna tra Valtellina e Dolomiti

La meta di ogni scarpinata è sempre un rifugio. Come è doveroso: la salita merita una ricompensa. Si vanificano gli sforzi? Ma spesso ai profumi delle cucine di montagna non si resiste. Se la meta è la Valtellina, i piatti imperdibili da ordinare sono: pizzoccheri, sciatt, taroz e polenta taragna concia. Potrebbero sembrare non particolarmente estivi, ma siamo pur sempre in montagna, e le temperature lo consentono. Si prosegue verso est, sulle Dolomiti. In Trentino Alto Adige la cucina è un intreccio continuo di tradizioni italiane, tedesche e austriache. Il piatto che accomuna Val di Fassa, Val di Fiemme e Val Badia (le più “italiane” dal punto di vista culinario, alle austro-ungariche Val Pusteria, Valle Aurina e Val d'Ega, sono i canederli, i tradizionali gnocchi di pane raffermo con formaggio e speck, (ma anche con spinaci, barbabietola, fegato di maiale ecc) solitamente serviti con burro fuso e formaggio, o in brodo. Un comfort food dalle origini povere. Un altro caposaldo da rifugio altoatesino è lo Spiegeleier, piatto che dà energia, composto da patate arrosto con uovo al tegamino, erba cipollina e pancetta. Si finisce in dolcezza con una fetta di strudel o un goloso Kaiserschmarrn, la tipica frittata dolce servita con zucchero a velo e composte di mela e ribes. Si scavalla e si cambia regione: sulle Dolomiti friulane e in Carnia, arriva la tradizione mitteleuropea, soprattutto slovena. Da provare assolutamente: il Frico, una sorta di godereccia torta di formaggio, patate e cipolle, e il Toc in braide, polenta con formaggio e burro fuso.

La Riviera nel piatto. Tutto il meglio dell’Adriatico dalla Romagna ai Trabocchi in Abruzzo

Tappa a Venezia e i suoi lidi, dove baccalà mantecato, sarde in saor e moeche fritte sono da ordinare senza riserve accompagnati da un buon bianco fresco e frizzantino, poi si scende in Romagna, terra godereccia dove l’accoglienza turistica passa prima dalla tavola che dal mare. Qui è tutto un trionfo di pesce: dai frutti di mare ai crostacei alla griglia, ever green anni 80 serviti su generosi vassoi d’acciaio come da tradizione. Impossibile, però, non fermarsi in un “chiosco di piade”: la piadina romagnola Igp è un pane antichissimo. Veniva preparato dai romani e ancor prima dagli etruschi. Classica e intramontabile la versione con prosciutto crudo di Parma e Squacquerone, sta bene con qualsiasi salume e ortaggio, ma è favolosa anche dolce.

Seguendo la costa, si sconfina nelle Marche: dall’Adriatico ai Castelli di Arcevia, sull’Appennino, il menu delle prelibatezze è davvero generoso. Cosa ordinare? Sulla costa è d’obbligo il brodetto. Lo fanno ovunque da nord a sud. Quello più famoso arriva da Fano, dove esistono persino una Confraternita e un Festival dedicato al piatto: si prepara con canocchie, gattuccio, seppia, tracina, rana pescatrice, pesce San Pietro, razza, scorfano e mazzola, un goccio di aceto e concentrato di pomodoro. Meravigliosi anche i passatelli (qui la diatriba sull’origine con l’Emilia Romagna esiste ma è pacifica!) preparati con asparagi, porcini, o con le vongole, come quelli iconici serviti al ristorante L’Angolino sul Mare di Senigallia, con vista sulla rotonda di Fred Bongusto. Lo street food per eccellenza? Nella provincia di Pesaro-Urbino non si ordina la piadina: qui, nella terra dei Montefeltro, si tira la crescia sfogliata da gustare con i salumi locali, ma anche con le erbe di campo ripassate in padella. Provate quella fatta rigorosamente a mano da Gloria al Girrarosto di Urbino, a due passi dalla casa di Raffaello.

In provincia di Ascoli, invece, si ordina il fritto misto all’ascolana, composto dalle irrinunciabili olive (effetto ciliegia una tira l’altra garantito), salvia, zucchine e costolette di agnello. L’ultimo boccone va tenuto per la crema fritta - che fa parte del piatto - ossia cubotti di crema pasticcera piuttosto solida, aromatizzata all’anice. Ci si sposta nell’entroterra, nella zona di Ancona e Macerata, tra meravigliosi borghi e castelli come Corinaldo, Arcevia, Piticchio, Loretello. Qui trionfano i vincisgrassi, la pasta al forno marchigiana della domenica. Ogni nonna ha la propria ricetta, ma quella più classica vede un alternarsi di strati di pasta a sugo di carne e rigaglie di pollo a pezzi (non ragù) e besciamella. Da provare anche i calcioni, ossia ravioli dolci al forno, ma ripieni di ricotta, pecorino, scorza di limone e maggiorana.

Antiche macchine da pesca protese come sculture in legno in un mare cristallino e selvaggio. Se la Costa dei Trabocchi, in Abruzzo, è la meta delle vacanze, il menu sarà un mix perfetto di pesce, carne e ortaggi. I piatti da ordinare senza esitazione, sono quelli della tradizione marinara di Vasto: brodetto di pesce, un grande classico a base di pesce di scoglio, pomodoro fresco, aglio, prezzemolo e peperoncino, e le cozze alla vastese, ripiene di pane raffermo e formaggio e poi cotte nel pomodoro, da mangiare fredde o calde; maccheroni alla chitarra conditi con sugo di carne o di pesce; sagne e fagioli, piatto semplice e genuino onnipresente nei menu di tutte le osterie della regione; gli immancabili arrosticini, ossia i tipici spiedini di carne di pecora, e le “pallotte cacio e ove”, ossia polpettine di mollica di pane, formaggio e uova fritte e poi tuffate nel sugo.

Tappa in Molise, con il suo breve affaccio lungo 35 chilometri sull’Adriatico. In uno dei ristorantini sul mare a Termoli o a Marina di Montenero, sono da provare le scescille, ossia “le cugine termolesi” delle pallotte cacio e ove abbruzzesi: polpettine al sugo (non fritte) che si possono aggiungere anche ai primi di pesce o alle zuppe di mare. Sì, nell’impasto c’è il formaggio, ma se non siete puristi vale la pena di provare l’accostamento con frutti di mare e Co. Ordinate anche i cavatelli al sugo “vedovo” di Montenero: vedovo perché la carne del classico ragù non c’è, ed essendo un piatto della tradizione povera viene preparato facendo rosolare la ventricina locale con aglio, prezzemolo e pomodori.

Dalle colline umbre alla Maremma: piatti imperdibili in Umbria, Toscana e Castelli Romani

Polmone verde d’Italia, e meta ideale per chi dalla vacanza cerca pause in mezzo alla natura, borghi ameni e città d’arte da scoprire lentamente, l’Umbria è sorprendente anche a livello enogastronomico. A tavola c’è l’imbarazzo della scelta, ma se passate da Perugia, dopo una visita a Palazzo dei Priori, la cattedrale gotica e la Fontana Maggiore, concedetevi un arvortolo, una sorta di pizza fritta preparata con farina, olio e sale, poi tuffata nell'olio bollente. Si accompagna con prosciutto umbro, ma si può mangiare anche dolce (nell’impasto sostituiscono il sale con lo zucchero). Da provare tra Spoleto e Norcia, è invece la pasta alla norcina - se ve la propongono con gli strangozzi freschi, meglio ancora - condita con un sugo di cipolla, aglio, salsiccia di maiale, ricotta fresca di pecora, e grattata di tartufo nero locale. Spostandoci in Toscana, nell’entroterra, tra file di cipressi e campi di grano dorati della Val d’Orcia o nel Chianti, via libera a pici con aglione, pappardelle al ragù di cinghiale, bistecche succulente, tartufi e funghi che, lo sappiamo, potrebbero suonare un tantino autunnali, ma in queste zone collinari di borghi come Pienza, Montepulciano (d’obbligo anche un assaggio di buon rosso), San Quirico d’Orcia e San Gimignano, rappresentano i frutti più pregiati della bella stagione. 

Dalla Versilia alla Maremma, invece, si spazia dal cacciucco ai tortelli maremmani, passando per l’acquacotta, il buglione, la cecina (ossia la farinata toscana), e il bordatino alla livornese: una zuppa preparata storicamente con 13 tipi di pesce, accompagnata con pane abbrustolito. Come primo di mare, in Versilia irrinunciabili gli spaghetti con i nicchi: è il nome con cui a Viareggio chiamano le arselle o telline, dei piccoli molluschi di mare pescati a pochi metri dalla riva. 

Ai Castelli Romani, per chi volesse sfidare il caldo e visitare Roma in tutta la sua magnificenza, ci si arriva in una manciata di chilometri. Qui, su un itinerario che tocca borghi come Ariccia, Castel Gandolfo, Frascati, Grottaferrata e Nemi, solo per citarne alcuni, la cucina è godereccia più che mai. Dallo street food per eccellenza, ossia panino con la porchetta (di Ariccia, ovviamente) alla trippa alla romana, ma anche corroboranti paste all'amatriciana, alla carbonara o cacio e pepe. In ogni osteria l’appuntamento è con la tradizione nel piatto.

Sapori mediterranei dalla Costiera Amalfitana a Tropea

Seguendo il profumo di limoni si arriva in Costiera Amalfitana, un susseguirsi di cartoline affacciate sul mare. Amalfi, Ravello, Positano sono luoghi in cui la cucina racconta storie di famiglia, di pescatori e di casa. Qui da quasi mezzo secolo si producono gli scialatielli, pasta fresca fatta a mano, che si gusta allo scoglio: pomodorini freschi, un po’ di basilico, prezzemolo, cozze e vongole. Un piatto da ordinare quasi d’obbligo. Chi avesse voglia di una pasta fresca e mediterranea, ma veg, potrà optare invece per i classici spaghetti di Gragnano al Limone di Amalfi Igp. E che dire delle melanzane con la cioccolata? Ebbene sì, un dolce sui generis tipico della città di Maiori, altro borgo da visitare da queste parti. La melanzana viene fritta e poi immersa nella cioccolata, morbida come un tortino viene successivamente ricoperta di mandorle, cioccolato fondente e amaretto.

Ci spostiamo a Napoli per un intramontabile tutto italiano: la pizza. Quella tradizionale ha il cornicione ben visibile e l’impasto morbido. E’ un affare semplice che ha il profumo genuino del pomodoro, e poche sovrastrutture. Lo sanno bene i fratelli Salvo (due locali: San Giorgio a Cremano e Riva di Chiaia), che hanno selezionato ben sei tipologie di pomodoro in base a sapore, dolcezza e provenienza (sempre campana) e hanno trovato la base perfetta per la pizza: “Dolcissimo pomodoro corbarino schiacciato con le mani così come una volta, polpa di San Marzano tenuta in acqua e sale che regala la giusta sapidità, insieme alla crema di pomodoro di Gragnano affumicato per una spinta aromatica e umami. Ci sono poi il datterino che abbrustoliscono per ottenere un leggero sapore amarognolo, il ciliegino confit e il piennolo crudo e marinato con olio EVO, basilico e aglio.” Il resto lo fanno l'impasto a lunga lievitazione e alta idratazione. Chi volesse - senza alcun rimorso - provare anche i grandi classici della rosticceria partenopea, ordini pure anche montanare, frittatine di pasta, e crocchè.

In quanto a piccantezza la Calabria la fa da padrona. La ‘Nduja è presente in molte preparazioni, di mare e di terra, ma se volete assaggiare un piatto davvero tipico preparato praticamente solo qui sulla costa tra Crotone e Cosenza, provate la sardella, che la gente del posto chiama "caviale dei poveri": una salsa che in origine veniva preparata con bianchetti, peperoncino e sale, ma che oggi viene cucinata usando il pesce ghiaccio, la cui pesca rispetto ai bianchetti è concessa.  Caciocavallo della Sila, pecorino del Pollino e marmellata di cipolla rossa di Tropea Igp, sono prelibatezze imperdibili (anche insieme), così come il pesce spada alla ghiotta, un secondo piatto di pesce tipico della zona di Reggio Calabria, preparato con una cipolla di Tropea, pomodoro, capperi, olive e aglio rosso. 

Dal Gargano al Salendo, passando per i Sassi di Matera: cosa gustare nel “tacco dello Stivale”

Dal Gargano al Salento, la cucina pugliese ha i sapori della terra, dei campi di grano e di ortaggi del Tavoliere, del mar Tirreno e Ionio. I piatti simbolo del territorio compongono un menu che ripercorre tutto il tacco dello Stivale: dalle orecchiette alle cime di rapa, senza dubbio la ricetta più conosciuta e replicata anche fuori regione, alla tiella di riso o riso patate e cozze. Lo street food, invece, in terra barese e in Valle d’Itria, nei borghi di Cisternino, Locorotondo, Martina Franca, fa rima con panzerotti fritti e bombette, mentre in Salento con la tradizionale puccia. Da provare anche il polpo alla pignatta e le classiche braciole che non sono bistecche, bensì involtini di carne di cavallo (ma oggi si preparano anche con la carne di manzo) cucinati nel sugo di pomodoro. Si chiude sempre in dolcezza, no? E allora che pasticciotto leccese sia! Un dolce antico di cui si hanno notizie già nel '700, con quella frolla ovale che racchiude un ripieno di crema pasticcera cotta (ma anche pistacchio, cioccolato, crema e amarena) che conquisterà tutti.

Ci spostiamo in Basilicata, terra di mezzo e di antichissime tradizioni. Tra i Sassi di Matera, ci si accomoda ai tavoli di una tipica trattoria e si ordina la capriata, una zuppa di legumi misti, protagonista di una sagra che celebra la fine del raccolto i primi di agosto. Non per tutti, ma sicuramente un grande classico materano, è la cutturidd, ossia la pignata con stufato di pecora (c’è chi preferisce usare l’agnello), preparato con patate, cipolle, erbe aromatiche, formaggio e tocchetti di salumi avanzati. Viste le temperature estive elevate, però, sarebbe meglio rinfrescarsi con della cialledda, una versione lucana della panzanella: pane raffermo ammollato nell’acqua, pomodoro, origano, sale e del buon olio extravergine d’oliva. 

Sapore di sale, sapore di mare. Cosa ordinare se la meta della vacanza è in Sicilia o Sardegna

Si potrebbe scrivere un intero compendio per ogni regione “visitata” in questo viaggio di gusto, ma una scelta la si deve pur fare. E allora attraversato lo stretto di Messina, eccoci in Sicilia, un continuo “menu mari e monti” in ogni zona che si decide di esplorare. Una terra in cui si spazia dalla carne al pesce, e si esaltano le tradizioni. L’isola dello street food per eccellenza, con Palermo città capitale del cibo di strada, dove poter gustare a rotazione: pane e panelle di ceci, arancini, crocchè, pani câ meusastigghiole. Ma anche granita in cui “pucciare” la brioche col tuppo in ogni momento della giornata, dalla colazione al dopocena. E ancora: cassatine e il re della pasticceria siciliana: il cannolo, cialda fritta e fragrante farcita con crema di ricotta di pecora e gocce di cioccolato, “sigillato” alle estremità con granella di pistacchi, e arancia candita. Inventati da delle suore durante la dominazione araba, i cannoli sono diventati uno dei dolci simbolo d’Italia, come conferma anche lo chef due stelle Michelin Pino Cuttaia (La Madia di Licata), cultore del cannolo, che lo ha trasformato e rivisitato dandogli il nome di Cornucopia: “È il dolce della domenica per eccellenza. Un dolce antico e famoso della millenaria pasticceria siciliana. Da amante della buccia più che della ricotta, ho concentrato le mie attenzioni su questa, per farne un contenitore delicato. Ne ho cambiato la forma per renderlo più comodo da mangiare con le mani, e per disporlo nei piatti di un ristorante gourmet.”

Il viaggio di gusto termina in Sardegna, circondati da acque cristalline e antichi borghi. Il piatto da mangiare ovunque sull’isola è la fregula ai frutti di mare, la pasta tipica sarda fatta di piccole palline di semola condita con arselle e gamberi (e talvolta allo zafferano). La zuppa gallurese, invece, si mangia soprattutto sulla costa tra Badesi e San Teodoro. In realtà è più uno sformato al forno e gratinato, preparato con strati di pane, formaggio e brodo di pecora. I culurgiones sono un primo piatto sardo che arriva dalla zona dell’Ogliastra, quella più brulla e selvaggia. Si tratta di una sorta di gnocchi fatti in casa, ripieni di crema di patate conditi con della menta. Si possono gustare in bianco (con burro e formaggio ed erbe aromatiche) oppure al sugo di pomodoro e basilico. Infine un buon piatto di aragosta alla catalana, ricetta storica nata proprio in Sardegna (e non in Spagna), dove le pregiate aragoste vengono pescate e fatte bollire, per poi condirne la polpa con pomodori freschi e cipolla. La sosta ovviamente è ad Alghero, in compagnia di… chiunque abbia voglia di condividere un tavolo fronte mare.

Eleonora Lanzetti

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