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Il pistacchio di Bronte, l’oro verde che cresce in un solo posto nel mondo

pubblicata il 25.02.2022

Rappresenta una percentuale minuscola della produzione mondiale, ma è un prodotto che non conosce crisi. Ci siamo fatti raccontare come cresce, come si raccoglie e quanto costa. E abbiamo aggiunto qualche consiglio per usarlo in cucina

Pensi a Bronte, e pensi a due cose: a Cime Tempestose e al pistacchio. Pensi al libro perché la sua autrice, che pure era inglese, si chiamava così. C’entrano il padre di lei (e delle sue sorelle), la sua fascinazione per quel nome, per lui così esotico, e pure l’ammiraglio Nelson e Ferdinando III di Sicilia. Ma questa è una storia che qui non racconteremo.

Qui raccontiamo perché se pensi a Bronte, pensi al pistacchio: lo fai perché Bronte è il pistacchio, ed è così perché “qui lo facciamo tutti, lo coltiviamo praticamente tutti, una porta sì e una no, chiunque ha un pezzettino di terreno”, come ci ha raccontato Antonio Intraguglielmo, responsabile vendite di Evergreen, da cui ci siamo fatti aiutare per parlare di questa eccellenza italiana, che è insieme grande e molto piccola.

Il pistacchio italiano che si raccoglie ogni 2 anni Bronte è una cittadina di meno di 20mila abitanti, sta in provincia di Catania e soprattutto sta alle pendici dell’Etna, a poco meno di 800 metri di altitudine. E la vicinanza al vulcano è fondamentale nella storia di questo particolare pistacchio. Che oggi è italianissimo, ma qualche centinaio di anni fa non lo era: “Leggenda vuole che sia stato portato e seminato qui dagli arabi tantissimo tempo fa - ci ha ricordato Intraguglielmo - Poi la lava lo ha seppellito e lo ha fatto crescere”. Quello del rapporto con il terreno che lo circonda è un altro dettaglio importante: “Il pistacchio di Bronte non si annaffia, cresce nella lava e quello che dà la natura, noi prendiamo. Ed è l’unico che si fa così - ci ha detto ancora Intraguglielmo con un certo orgoglio - Tutti gli altri pistacchi, compreso quello di Rappadari (sempre in Sicilia, ndr) vengono seminati, oppure si annaffiano”.

Va bene: non si annaffia. E allora come si fa e come si produce? Il pistacchio di Bronte è una Dop, e una cosa fondamentale da capire è che si raccoglie una volta ogni due anni, soltanto negli anni dispari. Meglio: si può raccogliere tutti gli anni, ma non tutti gli anni è certificato Dop. Spieghiamo: “Col tempo si è capito che a raccogliere i frutti tutti gli anni, la pianta si impoveriva e rendeva sino al 40-60% in meno - ci hanno spiegato da Bronte - e si è quindi deciso che nel disciplinare per la Denominazione di origine Protetta venisse data l’indicazione di raccogliere i pistacchi solo una volta ogni due anni”. E quindi? “E quindi negli anni pari (quelli non Dop, ndr), ad aprile le gemme vengono rimosse dagli alberi e gettate a terra, per impedire la fioritura”. E però, negli anni pari non è vietata la raccolta: “Si può fare, e i pistacchi possono essere venduti, però il Consorzio di Tutela non li certificherà come Pistacchio di Bronte Dop, ma solo come Pistacchio Sicilia”.Insomma, l’idea è di fare riposare la pianta, di darle metaforicamente tempo di rifiatare, cosa che raramente possono fare le persone che si occupano della raccolta, che è parecchio impegnativa: “Si fa tutta a mano, senza usare macchinari, a partire dalla fine dell’estate - ci ha raccontato ancora Intraguglielmo - Si inizia a settembre, i pistacchi si lasciano poi maturare per poco più di un mese e a fine ottobre sono pronti per la vendita o per la trasformazione”. Se ne raccolgono tanti? “Un tumulo di terreno, pari a 2600 metri, produce circa 300 kg di tignosella (il frutto grezzo, ndr), ma molto dipende dal clima e dalle piogge: il nostro pistacchio non si annaffia, ma le radici raccolgono l’acqua piovana che filtra attraverso la lava. E in momenti difficili, come 4 anni fa, o anche 6 anni fa, non abbiamo raccolto praticamente nulla”.Evergreen è un’azienda relativamente piccola e a conduzione familiare, con una decina di dipendenti, che produce 15-20 tonnellate di pistacchio l’anno da una decina di ettari di terreno. A Bronte ci sono circa 5mila produttori e da lì arrivano complessivamente poco più di 1000 tonnellate di pistacchio verde l’anno (il dato è del 2019). Che sembrano tante, e invece sono pochissime. 
Quanto costa e perché costa così tantoQuesto è uno dei motivi per cui questo tipo di pistacchio costa così tanto (è molto caro, inutile girarci attorno): perché è una nicchia minuscola di un mercato di nicchia. Una decina d’anni fa, il pistacchio di Bronte rappresentava più o meno il 2% del mercato mondiale, oggi siamo abbondantemente sotto all’1%, con questa prelibatezza tricolore che rischia di essere schiacciata dai pistacchi che arrivano da California, Iran, Spagna e Turchia, per citare i concorrenti più temibili.L’altro motivo è che il pistacchio di Bronte cresce solo lì e solo lì si produce. Solo lì e da nessun'altra parte, che a pensarci bene è una cosa un po’ impressionante, nel mondo globalizzato e iperconnesso in cui viviamo. Se vuoi questo pistacchio, lo devi comprare a Bronte.Va bene, ma quanto costa? Anzi: quanto deve costare per essere di qualità? “È un prodotto esclusivo, e un prezzo giusto si aggira fra i 40 e i 50 euro al chilogrammo”, ci ha detto Intraguglielmo. Che si è concesso una sonora risata, quando gli abbiamo chiesto se sia possibile trovarlo a meno, magari intorno ai 30-35 euro/kg: “A quella cifra, non è vero pistacchio di Bronte. Se lo fosse davvero, lo comprerei tutto io. Ma non lo è”. Il vantaggio di stare in questa fascia di prezzo è che questo pistacchio resta relativamente al riparo dalla crisi: “È un’eccellenza, e la domanda resta alta. Perché chi vuole la qualità, può pagarla ed è disposto a pagarla, lo compra”.Ecco, la discriminante del costo è forse l’unico parametro che può aiutare e difenderci dalle contraffazioni, dai “pistacchio di Bronte” che in realtà non sono Pistacchio di Bronte Dop, ma magari sono Pistacchio Sicilia o pistacchi che vengono dall’estero e vengono spacciati per quello che non sono: come su Cucchiaio abbiamo scritto spesso per altre materie prime (dalla frutta alla carne, passando per il miele), se il prezzo è troppo conveniente, allora probabilmente il prodotto non è quello che pensiamo che sia. Ed è meglio drizzare le antenne.Dagli anni ‘70 a oggi, gli impieghi in cucinaLa coltivazione del pistacchio di Bronte risale a decine di anni fa, ma si è intensificata a partire dagli anni Settanta: a quell’epoca, e comunque ancora sino agli anni Ottanta e Novanta, dicevi “pistacchio” e pensavi al gelato, a quel gusto verdino e un po’ agrodolce che aveva un non-so-che di esotico. Oggi no, oggi questa particolare varietà di pistacchio si usa davvero dappertutto in cucina: “Si può utilizzare per condire la pasta, per preparare la panatura, come crema, per guarnire i dolci e ovviamente per il gelato”, ci ha ricordato il nostro esperto.SCOPRI LE NOSTRE 30 ricette dolci e salate con il pistacchio
Emanuele Capone

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