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Tutto sul ragù: storia, varianti e abbinamenti per amare ancora di più questo gustoso condimento

pubblicata il 22.11.2022

Che profumo ha la domenica? Se si dovesse rispondere in maniera corale a questa domanda, la risposta sarebbe più o meno unanime: di ragù. Uno dei comfort food italiani per eccellenza, dalle Alpi alla punta dello Stivale. Piace a tutti, grandi e piccoli, e condisce tagliatelle e maccheroni ovunque: ristorante, trattorie alla buona, cucina di mamma e nonna. Di ricetta codificata ce n’è una soltanto, e arriva da Bologna, ma ognuno prepara una propria versione. Perché il ragù è una questione sentimentale. 

Ragù: una ricetta codificata

Il ragù alla bolognese è l’unico a esser stato codificato. La delegazione regionale dell'Accademia Italiana della Cucina presso la Camera di Commercio di Bologna ha depositato la ricetta con tutti i crismi, è una versione attualizzata ma comunque rigorosa ed autentica che prevede l’utilizzo di tagli di manzo come fesa, pancia e spalla, alternativi alla cartella (la parte muscolare del diaframma, praticamente introvabile). Non è l’unica concezione moderna: la salsa di pomodoro fresco (cinque cucchiai), può essere sostituita da pelati o 20 g di triplo concentrato. Nessuna eccezione sul procedimento, però: rosolatura iniziale di pancetta, verdure e carne, a fuoco basso per lasciare morbida la carne. La cottura, poi, deve essere lenta, lentissima. Quattro ore e non di meno, perché la fretta non è solo cattiva consigliera: fa venire male anche il ragù.

Brevi cenni storici

Iniziamo con il far crollare qualche certezza: il ragù non nasce come condimento per la pasta, bensì come contorno o ripieno di altre carni. La sua entrata in scena nel panorama gastronomico europeo risale al Basso Medioevo, intorno al XII secolo in Francia, dove il ragoût, che a sua volta deriva da ragoûter - ovvero stuzzicare il palato - veniva servito come corroborante stufato di carni miste, preparato come una sorta di spezzatino. In Italia arriva grazie a due eventi abbastanza rilevanti, da libro di storia, per intenderci: la Cattività Avignonese e l’arrivo degli Angioini a Napoli. Esattamente: il primo ragù è stato cucinato nelle cucine della corte angioina (e poi borbonica) napoletana, e non all’ombra della Torre degli Asinelli. Il primo a raccontare dei maccheroni alla Bolognese, fu nel 1891 Pellegrino Artusi ne "La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene".

Il più noto? Quella alla Bolognese

Nonostante il ragù alla bolognese sia parecchio successivo rispetto al parente napoletano, è decisamente più noto a livello internazionale. Il condimento per tagliatelle, maccheroni e lasagne, ha varcato i confini nazionali, imponendosi anche nel mercato della ristorazione oltreoceano: non c’è ristorante italiano nel mondo che in carta non abbia la pasta al ragù alla bolognese. La ricetta originale prevede: polpa di manzo, pancetta di maiale, passata di pomodoro, carote-sedano-cipolla per il soffritto, vino bianco secco, brodo, olio evo o burro, sale e pepe. Viene lasciata facoltativa l’aggiunta a fine cottura, di latte o panna fresca (però vivamente consigliato!). Non si usano addensanti o farine, e si può usare il concentrato di pomodoro: 20 grammi stemperati in un mestolo di brodo. La cottura ideale è in una casseruola in acciaio dal fondo spesso, per quattro ore. Il ragù, una volta cotto, si conserva per 5-6 giorni, chiuso ermeticamente, in frigorifero. Nel congelatore può durare fino a 3 mesi.

Il ragù alla napoletana: una variante rustica sul tema

Simili nel concetto ma diversi nella forma (e nella sostanza): il ragù napoletano è la seconda versione del condimento per eccellenza a base di carne e pomodoro. La differenza principale sta nel taglio di carne utilizzato nella preparazione: il ragù alla bolognese si fa con la carne tritata, mentre la versione partenopea è con pezzi di carne intera. Del sugo di carne napoletano non esiste alcun dogma: nessuna ricetta ufficiale è mai stata depositata.

Anche se O rraù di Eduardo De Filippo viene da sempre cucinato con gamboncello di vitello, braciola di carne (o involtino) con aglio, pinoli, uva sultanina ammollata in acqua, prezzemolo e un po' di pecorino grattugiato), costine di maiale, salsicce, cotiche, passata di pomodori San Marzano, cipolle dorate, olio ed un quarto di litro di vino rosso. Sostanzioso, a dir poco. Possibilmente si prepara la sera prima per il pranzo successivo. Il procedimento è lo stesso del ragù alla bolognese, solo che la carne si fa sobbollire per circa sei ore nel pomodoro, e una volta cotta, quella di maiale si leva e si mangia come secondo piatto, lasciando le restanti che vanno a condire la pasta. I formati ideali? Candele o maccheroni spezzati, in primis.

Le tante versioni del ragù: dall’anatra alla “scomparsa”del pomodoro

Ma di ragù non ce n’è mica uno soltanto. Ad esempio, arrivando in Toscana un oste vi potrebbe proporre un invitante pappardella al ragù di nana, che altro non è che il ragù di anatra, primo elegante e delicato; di tradizione durante la stagione invernale. Se per caso dovessero servirlo con del cioccolato in scaglie o dei ribes, ad esempio, sappiate che è ancora più buono. Il palato ringrazia.

Qualora non siate amanti del pomodoro, invece, potreste preparare un altrettanto succulento ragù bianco con carne di vitello, manzo (e volendo anche maiale) soffritta leggermente assieme alla cipolla bionda, e mantecato con un poco di acqua di cottura e abbondante parmigiano, una volta scolata la pasta. Attenzione a non esagerare con la cipolla, però, altrimenti dovremmo aprire il capitolo della Genovese. 

Gusti e sapori: dal ragù di mare a quello veg

Chi l’ha detto che si può chiamare ragù soltanto il sugo con la carne? Per tradizione marinara, anche con il pesce è possibile ottenere un condimento godereccio ed avvolgente. A differenza del ragù canonico, tuttavia, in questo caso c’è massima libertà sulla tipologia di pesce da utilizzare. Quelli più adatti? Polpo, seppie, gamberi, calamari, ma anche gallinella, branzino, e pesce spada. La cottura sarà molto più veloce e delicata.

Chi ha voglia del più comfort dei piatti di pasta, ma non mangia carne, potrà optare per una valida alternativa altrettanto proteica: le lenticchie. Si prestano benissimo ad essere usate come ingrediente principale di un ragù totalmente veg. Allo stesso modo: avete mai provato a preparare una trita di seitan?

Si prende un panetto sodo e compatto, si taglia sottilissimo e si fa soffriggere alla maniera classica con olio evo,  carota, sedano e cipolla. Una sfumata di vino, e poi si aggiunge il pomodoro. Sale, pepe e noce moscata, e si cuoce a fuoco basso per un’oretta.

Gli errori (più o meno imperdonabili) quando si fa il ragù

Il ragù è una faccenda seria, anche di famiglia. Per prepararlo a regola d’arte, della giusta consistenza e dal sapore meraviglioso, bisogna prestare attenzione ad alcuni insidiosi errori (piuttosto comuni, a dire il vero). Il primo: la cottura. Non esiste una versione salva tempo del ragù -purtroppo- ma occorrono le canoniche tre-quattro ore sul fuoco. La carne, poi, va scelta con cura: la differenza tra un taglio e l’altro è fondamentale per la texture del ragù che potrebbe risultare troppo magro (se si usa la carne di manzo o vitello sceltissima) o troppo unto. Il sale quando va aggiunto? Di certo non subito, perché asciuga sia i succhi della carne che l’acqua delle verdure (e c’è il rischio che si brucino!). Prima si rosola, e poi si sala.

I ragù degli chef (da copiare!)

Di pesce, vegetale, di cortile: ecco come gli chef portano nel piatto i loro ragù alternativi d’autore. Chef Fernando Tommaso Forino, che consulente di numerosi ristoranti, mette al centro della preparazione i fagioli borlotti. “Vengono lavorati con scalogno confit, prezzemolo e pasta di fagioli fermentata. Diversamente dal classico ragù che viene utilizzato come condimento, mescolato o sopra alla pietanza, in questo caso viene messo alla base (a sorpresa) di un piatto di risotto con le verze e bacon home made caramellato salato.” Giacomo Devoto, chef patron della Locanda de Banchieri (les Collectionneurs) ama il ragù di cortile, realizzato con oca, faraona,  pollo,  gallina, coniglio. “Viene cotto a fuoco lento per diverse ore (come vuole la tradizione), bagnato con il brodo e poco vino banco, poi coperto con un bouquet di erbe aromatiche solo alla fine, a fuoco spento,  così con il calore del vapore sprigionano al meglio le loro essenze, senza essere portati a cottura."

Lo Chef Enrico Marmo del Ristorante Balzi Rossi, 1 Stella Michelin a Ventimiglia (IM) propone un grande classico della cucina di mare italiana, e prepara il ragù con pesci e molluschi disponibili in casa, facendoli cucinare a lungo con l’eventuale aggiunta di pomodoro, come condimento del “Risone allo scoglio”. Per Pasquale Tozzi, chef del Ristorante Il Pescatore e del Ristorante Magnolia, del Grand Hotel Fasano & Villa Principe, di Gardone Riviera (BS), il ragù è alternativo, di pollastrella ruspante, rosolata insieme alle verdure, a fuoco lento. Poi ci condisce uno gnocco al vapore con spolverata di peperone crusco. Lo Chef Giovanni Ricciardella del ristorante Cascina Vittoria, accompagna una fettuccia alla milanese con crema di zafferano e ragù di ossobuco.

Eleonora Lanzetti

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