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Davvero l’Ue vuole vietare le insalate in busta? Facciamo un po’ di chiarezza

pubblicata il 16.05.2023

Da giorni è l’argomento del giorno, con prese di posizione di associazioni, sindacati, politici. Solo che le cose non stanno proprio come sono state raccontate: qui le spieghiamo per bene.

Il leghista Angelo Ciocca che si è presentato nell’aula del Parlamento europeo sventolando una busta di insalata per protesta, il sindacato Uil che ha parlato di “decine di migliaia di posti di lavoro cancellati”, Coldiretti che ha evidenziato un possibile “effetto dirompente sulle abitudini di consumo degli italiani e sui bilanci delle aziende”: nei giorni scorsi, gli imballaggi alimentari sono stati al centro della discussione, politica e non solo. Solo che non tutti ne hanno parlato con chiarezza e correttezza.

Il punto del contendere, nella tipica e spesso necessaria esigenza di sintesi della comunicazione moderna, è che “l’Europa vuole cancellare le insalate in busta”, come hanno titolato molti giornali e come hanno scritto in tantissimi sui social. Solo che le cose non stanno proprio così.

Il primo problema: non è un regolamento

Il primo aspetto da chiarire è che l’allarme, lanciato da Coldiretti lo scorso 8 maggio in occasione dell’apertura a Milano del Salone Tuttofood, non riguarda qualcosa di nuovo e non riguarda una norma già in vigore o prossima a entrare in vigore. Le frasi che hanno scatenato le ire dell’associazione, e a seguire quelle di molti politici italiani, sono contenute nella Proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, che è questa ed è stata pubblicata il 30 novembre 2022.

Questo è un punto importante da capire, ed è importante due volte. Stupisce che ce ne si accorga 6 mesi dopo e soprattutto che non si capisca che si tratta, appunto, di una proposta: non è insomma vero che si tratta del “nuovo regolamento sugli imballaggi dell’Unione europea” e chissà se sarà davvero così una volta approvato.

Se lo fosse, andrebbe a modificare il regolamento Ue 2019/1020 e la direttiva Ue 2019/904 e anche abrogherebbe la direttiva 94/62/CE. Che vuol dire? Vuol dire che cambierebbe alcune regole comunitarie allo scopo di diminuire l’eccesso di confezionamento e di fare sì che tutti gli imballaggi siano riutilizzabili o riciclabili entro il 2030. Che onestamente ci sembra una cosa buona. 

Il secondo problema: non vieta le insalate

Ma allora perché questa levata di scudi? Perché tutta questa indignazione? È successo perché, fra gli imballaggi su cui intervenire, l’Ue cita come esempio quelli dell’insalata, della frutta e della verdura fresca. 

Da qui la presa di posizione di Coldiretti, secondo cui la nuova normativa (che ancora normativa non è), stabilirebbe “l’addio alle confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 chilogrammi, giudicate superflue e considerate al pari delle piccole confezioni di shampoo usate negli hotel”. Sempre secondo l’associazione, questa sarebbe “una scelta che apre a una serie di problemi, dal punto di vista igienico-sanitario, della conservazione e degli sprechi, che potrebbero aumentare, come potrebbero aumentare anche i costi per i consumatori e per i produttori. Basti pensare al tradizionale cestino di fragole o piccoli frutti che soprattutto nelle fasi di trasporto protegge l’integrità del prodotto”.

Proprio qui, però, c’è una cosa che Coldiretti dimentica di dire: nell’allegato V della Proposta di Regolamento sugli imballaggi, nel punto in cui si parla delle Restrizioni all’uso di determinati formati di imballaggio, c’è in effetti scritto che l’ipotesi è quella di vietarli in caso di peso inferiore agli 1,5 kg. Però c’è scritto anche altro, subito accanto. C’è scritto “a meno che non sia dimostrata la necessità di evitare perdite di acqua o turgore, rischi microbiologici o urti”.

Capita questa cosa? Significa che gli imballaggi sarebbero vietati o ridotti sotto gli 1,5 kg di prodotto, a meno che non siano necessari per garantire la qualità del cibo. In estrema sintesi, l’Europa prevede già che si possano continuare a usare proprio per quei prodotti per cui parte dei politici italiani pensa che non si potranno più usare. Cioè per la frutta, le fragole, i frutti di bosco (che hanno necessità di essere protetti dagli urti) e pure per le insalate (che hanno necessità di essere protette da rischi microbiologici). 

Quello che accadrà, molto probabilmente, sarà che la normativa andrà eventualmente a colpire altre confezioni, magari (immaginiamo) banane, patate, kiwi, zucchine, cercando di spingere i consumatori a sceglierli freschi invece che imballati con notevole spreco di plastica e carta plastificata. Come su Cucchiaio abbiamo scritto spesso (qui per esempio), il packaging è fra le fonti principali di inquinamento e spreco legato all’industria alimentare, e forse sarebbe davvero ora di iniziare a ridurlo.

Emanuele Capone

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