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"Ghost kitchen" entra nel dizionario. Vi spieghiamo cos’è

pubblicata il 05.01.2022

Sono ristoranti dove c’è solo la cucina: non ci si siede e non si mangia, si porta via il cibo o ce lo si fa consegnare a casa. Negli Stati Uniti ne sono nate migliaia, in Italia ce n'è una fra le più grandi al mondo

C’è la cucina, ma il ristorante non c’è. Meglio: c’è, ma non ci si può fermare a mangiare e i piatti vanno consumati a casa, ce li si può far consegnare e basta. Questo s’intende con ghost kitchen, un’espressione che ha iniziato a essere usata nel 2020 e ancora di più nel 2021, talmente tanto che il Merriam-Webster, il più antico e celebre dizionario in lingua inglese, l’ha messa fra le parole dell’anno.

La redazione del dizionario ha spiegato al Washington Post che “aggiungiamo nuove parole quando abbiamo conferma che sono pienamente e stabilmente entrate e far parte della lingua”, e secondo la definizione una “cucina fantasma” è “un’attività commerciale dedita alla preparazione di pasti consumati fuori dal locale”. È un ristorante dove non si può né pranzare né cenare e dove non si prenota un tavolo, perché il tavolo è quello di casa propria: si sfoglia il menu da un sito o da un’app, si scelgono i piatti che si vuole, si lascia l’indirizzo, li si riceve. Più sotto diamo conto dell’ampiezza del fenomeno, non solo negli Usa ma anche in Italia, però prima rispondiamo a una domanda legittima: che differenza c’è fra una ghost kitchen e una pizzeria da asporto? Secondo i sostenitori, cambia soprattutto la qualità del cibo.

Per aprire un locale del genere, che può essere anche piccolo o molto piccolo, serve un minore investimento economico in spazi, arredi, piatti, posate, personale di sala. Servono uno chef, una brigata e poco altro. E tutti i soldi risparmiati si possono dedicare ad acquistare materie prime migliori, ingredienti più buoni, anche attrezzi da cucina più moderni e di maggiore qualità. E magari investire in un robot o in un’app che aiuti nelle consegne e le velocizzi (che sembra fantascienza, ma non è fantascienza).L’obiezione è prevedibile: e i camerieri e le cameriere che fine faranno? E i sommelier? E chi sta alla cassa? È un punto di vista legittimo, ma resta il fatto che due anni di pandemia, lockdown e quarantene hanno messo in grande difficoltà tutto il mondo della ristorazione e che gli unici segnali di ripresa, fra inizio 2020 e inizio 2022, sono arrivati dal settore del delivery (+56% in Italia e +30% a livello mondiale). Del delivery e delle ghost kitchen, che hanno permesso a molti ristoranti di tagliare i costi, reinventarsi e non morire.
A Milano una fra le la ghost kitchen più grandi al mondoSoprattutto nel mondo anglosassone, questi locali stanno aprendo a ritmi vertiginosi, e fra i primi a crederci sono stati ovviamente i fast food, già abituati a un approccio al cibo meno legato alla location. Ma questo non è solo un trend americano, perché nel nostro Paese c’è una fra le “cucine fantasma” più grandi al mondo: è a Milano, nel quartiere Washington, e l’ha aperta Helbiz, l’azienda nota soprattutto per il servizio di noleggio di monopattini elettrici. La struttura occupa fisicamente uno spazio di circa 2mila metri quadrati, permette di scegliere fra 6 menu diversi (pizza, hamburger, poke, insalata, sushi, gelato), dà lavoro a 80 persone, tutte regolarmente assunte, ed è aperta tutti i giorni dalle 11.30 alle 23.30: si ordina dall’app e le consegne avvengono per ora in un raggio di circa 3 chilometri, “per garantire la massima qualità del cibo”.Tornando a quel che succede all’estero, MrBeast, nato a fine 2020 dall’idea dell’omonimo youtuber, ha venduto un milione di hamburger nei primi 3 mesi e ha già 1500 ghost kitchen fra Usa, Canada e Regno Unito; Chipotle ha aperto la prima delle sue annunciate 300 ghost kitchen in Ohio e così hanno intenzione di fare Taco Bell, Del Taco e la californiana Jack in the Box, in molti casi riadattando punti vendita esistenti.C’è chi è andato oltre: qualche anno fa, la startup CloudKitchens ha comprato un’area di circa 10mila metri quadrati a poca distanza dalla sede della University of Southern California, a Los Angeles. Ha comprato un parcheggio. E adesso in quello che era un parcheggio c’è Grand Food Depot, un insieme di 17 ghost kitchen diverse ospitate in 3 giganteschi container: si ordina online e si riceve a casa. Oppure ci si avvicina con l’auto e ci si fa consegnare tutto dal finestrino. Ma comunque non si entra.E lo stesso si può fare a Chicago, dove lo chef tristellato Grant Achatz è stato fra i primi ad aprire una ghost kitchen nel suo Alinea e ancora oggi permette di ricevere a casa anche il menu degustazione da 6 portate.
Il caso estremo: i piatti scelti su TikTokLa storia più curiosa, in questa storia curiosa, è quella dell’accordo fra TikTok e l’americana Virtual Dining Concepts per l’apertura di 300 ghost kitchen negli Stati Uniti, che entro fine 2022 dovrebbero diventare un migliaio. La prima differenza con le altre “cucine fantasma” è che queste sorgeranno come satelliti di locali esistenti, punti di consegna di piatti preparati all’interno del ristorante d’appoggio. La seconda è che il menu cambierà ogni 3 mesi, seguendo i trend del social network: le ricette più condivise, commentate e apprezzate, entreranno nella lista dei cibi ordinabili e il creator che le ha postate riceverà parte dei guadagni.Al di là del caso di Milano (e di alcuni casi a Roma), è difficile dire ora se qualcosa del genere potrebbe funzionare anche in Italia, perché nel nostro Paese dell’esperienza di cenare al ristorante fa parte anche proprio il fatto di andare al ristorante. Di starci fisicamente dentro. E però, qualcosa si sta muovendo e probabilmente altro succederà nei prossimi mesi: solo nel nostro Paese, il food delivery vale quasi 600 milioni di euro l’anno. Che sono tanti soldi, tantissimi per un settore che da due anni fatica a far quadrare i conti.
di Emanuele Capone

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