Arancina al pistacchio

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INGREDIENTI

INTRODUZIONE

"L’arancina esprime il massimo della civiltà della nostra isola. Si racconta che fu l’emiro Ibn At Timnah a inventare il timballo di riso o di pasta; pare che se lo portasse appresso quando andava a caccia. Una trovata geniale: il riso profumato di zafferano e teneri piselli, con tanti pezzetti di carne, fu manipolato in modo da farne una palla grossa quanto un’arancia che, impanata e fritta, resisteva superbamente al trasporto.
Da Palermo è... di Gaetano Basile
Era un piatto arabo, nato in Sicilia nel periodo saraceno. Fatto di riso, profumato di zafferano, arricchito di verdure, odori e pezzetti di carne. Un giorno, per renderlo da asporto, gli Arabi ne fecero una palla simile a una arancia che, impanata e fritta, acquistò una consistenza adatta al trasporto. A quel tempo il pomodoro doveva ancora arrivare dall'America. I primi acquisti di pomodoro da parte della nobiltà siciliana sono datati 1852. Da quella data l'ortaggio entrò a pieno titolo nella cucina siciliana e diventò uno degli ingredienti principali del ripieno dell’arancina, che però, a quel punto, non ebbe più nulla a che fare con il piatto originale. Qualcuno per risparmiare sullo zafferano, soprattutto nel messinese e nel catanese, usa il sugo del pomodoro per colorare il riso. In questo modo l’arancina assume una colorazione e un sapore diverso. Per quanto riguarda le dimensioni non esiste una misura standard. Si tratta di una palla di riso con la forma e il peso dell'arancia - circa 200 grammi - quindi arancina.
L’Accademia della Crusca è stata molto chiara: il frutto va al femminile, mentre l’albero da cui ha origine va al maschile. Alcuni col termine arancino non indicano l’arancina, ma quella a forma di pigna, che non si chiama arancino ma supplì. La storia di questo manicaretto è un’altra. Fu inventato dai cuochi delle grandi casate per rendere più appetibile il riso ai rampolli nobiliari che si rifiutavano di mangiarlo. Nasce dal famoso dolce che si chiama “fava del re”, che si cucinava per l’Epifania e dove veniva nascosta una fava secca, in seguito d’avorio, d'oro o d’argento, oggi di ceramica. Il bambino che trovava nella sua fetta la fava diventava re per un giorno. Insomma una specie di arancina con la sorpresa, e questa sorpresa, surprise, da noi diventò ‘u supplì. Sul Traina, un dizionario siciliano edito a Palermo nel 1860, e sul miglior dizionario siciliano, quello di Vincenzo Mortillaro, troviamo arancinu. Ma a questo linguaggio ottocentesco bisogna fare sempre molta attenzione, poiché, nel tempo, la terminologia cambia.
Quella che vi presento oggi è una variante del tutto innovativa: l'arancina al pistacchio.

PROCEDIMENTO

Procederete come per un risotto, tritando finemente la cipolla e tagliando il bacon in quadratini che adagerete sul fondo di un tegame a bordi alti con tre cucchiai d'olio. Soffriggerete a fuoco medio e mescolerete, sorvegliando, fin quando non assumerà un colore leggermente dorato.
Quindi unirete il riso da tostare velocemente. Subito dopo inizierete ad aggiungere del brodo vegetale, fino a raggiungere i 3/4 di cottura del riso. Non appena il riso avrà raggiunto la giusta cottura, aggiungerete la besciamella e i pistacchi tritati e, dopo aver almalgamato il tutto, toglierete dal fuoco, lasciando raffreddare. L'insieme dovrà aver raggiunto una consistenza morbida, ma non troppo.
Nel frattempo batterete due uova, preparerete del pangrattato su un piatto e una padella con abbondante olio. Quando la temperatura del riso avrà raggiunto un livello sopportabile dalle vostre mani iniziate a formare delle palle della dimensione di un mandarino o un supplì, se preferite. Non appena l'impasto sarà sufficientemente compatto, passerete le arancine nell'uovo e, subito dopo, nel pangrattato. Quindi le friggerete nell'olio ben caldo fino a quando non avranno raggiunto un colore dorato. Infine le appoggerete su un piatto con della carta assorbente e li servirete caldi, in coppia. 
Nota: queste quantità sono pensate per l'equivalente di due arancine/supplì a persona.

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