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Giuseppe Condorelli dice no al racket e denuncia la mafia. Un bell’esempio per tutti

pubblicata il 07.05.2021

La lotta alla criminalità organizzata segue le vie più diverse: passa dalle sentenze dei tribunali e dal lavoro delle forze dell’ordine, dai pentiti e dalle denunce, ma a volte passa anche attraverso il cibo, come dimostra il caso dell’imprenditore siciliano Giuseppe Condorelli.

Il nome è noto: è quello di un’azienda fondata fra gli Anni ‘60 e ‘70 (ma le origini si possono fare risalire addirittura agli anni Trenta) e conosciuta per i torroncini, che rappresentano più o meno la metà del fatturato, ma che produce anche altri dolci tipici della tradizione siciliana, come cioccolato, latte di mandorla e pasticcini di mandorla. E proprio dalla sede dell’azienda inizia questa storia: nel marzo del 2019, davanti allo stabilimento di Belpasso viene ritrovata una bottiglia piena di liquido incendiario accompagnata da un biglietto. Un biglietto confuso dal punto di vista grammaticale, ma ben chiaro nelle intenzioni: “Mettiti a posto ho ti faccimo saltare in aria”. Si capiva, e si scoprirà poi dalle intercettazioni fatte dai carabinieri, che era un tentativo di estorsione: “Gli dobbiamo fare un po' di danno a Condorelli”, si sente dire a uno degli esponenti del clan. E glielo devono fare perché “non ha mai pagato”. Era una minaccia, insomma. Ma nonostante la minaccia, Condorelli non solo ha continuato a non pagare, ma anche si è rivolto alle forze dell’ordine e ha denunciato tutto, con l’esito che si è visto in questi giorni: 40 persone arrestate della Direzione distrettuale Antimafia di Catania, di cui 10 finite ai domiciliari, e un duro colpo a 3 clan legati a Cosa nostra e vicini alla famiglie Alleruzzo, Assinnata e Amantea, a loro volta controllate dal gruppo dei Santapaola-Ercolano. La solidarietà del Parlamento e del governo Il resto è storia di adesso: alla Camera, i deputati del Partito Democratico si sono presentati con i celebri torroncini Condorelli, sbandierati in aula come dolce simbolo di chi dice “no” alla mafia; la ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha ringraziato sia le forze dell'ordine e la magistratura sia “gli imprenditori intelligenti e coraggiosi come Giuseppe Condorelli, capaci di denunciare e di non sottomettersi”, ricordando che Condorelli “ha spiegato la sua decisione con gli obblighi anche sociali che ha l'impresa e invitato ad avere fiducia nelle istituzioni: è un messaggio civile importante e un esempio che merita la massima diffusione”. Solidarietà e parole di elogio anche dal leader della Lega, Matteo Salvini, che ha mandato “un abbraccio e un ringraziamento all'imprenditore Condorelli, conosciuto per la produzione di torroncini e dolci, che non ha piegato la testa davanti ai clan e ha detto no al pizzo”, e ovviamente dal presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, secondo cui “la determinazione e la coscienza civile dimostrate da Condorelli sono un'ulteriore eccellenza siciliana”.

Il business delle agromafie e la forza di un torroncino Fra le tante reazioni positive, da sottolineare quella di Coldiretti, che ha ricordato che “la denuncia è uno strumento determinante per contrastare la criminalità” e soprattutto fornito qualche dato per ricordare quanto importanti siano, gesti del genere: “Il settore agroalimentare è sempre più nel mirino della mafia e della delinquenza con azioni che vanno dai furti di mezzi e prodotti all'imposizione del pizzo”; in Italia, come emerge dall'Osservatorio sulla Criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, “il business delle agromafie ammonta a 24,5 miliardi di euro e la malavita è arrivata a controllare 5mila locali della ristorazione”. Inoltre, la pandemia da coronavirus ha purtroppo aiutato la criminalità, permettendole di infiltrarsi nel tessuto della società civile, di concedere prestiti (a tassi da usura) a imprenditori in crisi, di arrivare dove lo Stato non riesce ad arrivare o riesce ad arrivare in tempi più lunghi: “In questo modo - si legge ancora in una nota di Coldiretti Sicilia - si appropria di vasti comparti dell'agroalimentare, dai campi agli scaffali, distruggendo la concorrenza e il libero mercato e soffocando l'imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine del made in Italy”. Da parte sua, Giuseppe Condorelli, che dal 2017 è anche Cavaliere del Lavoro, ha detto semplicemente che “volevo essere un esempio per tutti”, mentre l’azienda ha ringraziato clienti, istituzioni e giornalisti attraverso un lungo post pubblicato su Facebook e Instagram: “È per voi, per chi ci precede, per la nostra famiglia e per i nostri figli che abbiamo l’obbligo morale di mostrare che questa non è la culla della mafia, dell’omertà e della rassegnazione. Questa non è l’isola che ha paura e si piega, ma l’isola che alla paura antepone il coraggio, all’acquiescenza la lotta e all’illegalità risponde con la giustizia”. E anche se “la giustizia a volte può essere un cammino lungo e tortuoso, il gusto che lascia nel cuore è il più dolce di tutti”. Soprattutto se ha il sapore di un torroncino.  

Di Emanuele Capone

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