Cosa sono le sorbole, come si mangiano e perché a Bologna si usa tanto questa parola!
Sorbole è una parola che fa sorridere ma soprattutto indica una tipologia di frutta dimenticata. Le consumavano già i romani, sono buone, fanno bene e soprattutto ci insegnano ad avere pazienza.
Nella grammatica italiana è un’interiezione, una parola che esprime un’emozione, enfatizzando il discorso in cui si inserisce, così come caspita oppure diamine. In particolare, è un intercalare tipico della parlata bolognese, dove sono particolarmente diffuse, a significare stupore e meraviglia! È la versione moderata di altre espressioni più colorite, come dire 'porca paletta'. Se l’esclamazione è conosciuta e foriera di simpatia, il frutto del sorbo, da cui prende origine, è ignoto ai più. Un frutto minore, affascinante perché dimenticato, che raramente fa capolino sui banchi dei mercati, più facilmente locali, con il suo aspetto un po’ primitivo e una destinazione d’uso che sconfina nel mistero.
Cosa sono le sorbole?
I frutti del sorbo o Sorbus domestica, della famiglia delle Rosaceae, come il melo e il pero, cui vagamente e in miniatura, somigliano. Si dice sorbole ma anche sorbe. La pianta è spontanea, tenace e autonoma, è bella ha un gran potenziale ornamentale. Ama il sole e può arrivare a 13 metri di altezza. Se il sorbo è imponente, longevo e non richiede molta cura, i frutti sono piccoli e soggetti alla minaccia di alcune specie di uccelli che ne sono golosi, come i merli. Se decidete di piantare un sorbo portate pazienza, un sentimento caro a questi frutti, perché per i primi 15 anni di vita non produrranno sorbole.
I frutti raggiungono al massimo i 4 cm di diametro. Hanno un aspetto selvatico e irregolare, si trovano sia di forma tondeggiante, più simile a dei pomi, sia piriformi, ovvero un po’ più allungati come delle piccole pere. Quando sono pronte per essere raccolte le sorbole sono di colore giallo e rosso, si colgono o cadono a terra spontaneamente. La loro particolarità è che non vanno mangiate subito, un po’ come accade con i cachi, ‘legano la bocca’, sono aspre e poco gradevoli, serve loro tempo per maturare, attraverso il processo che si dice ammezzimento. Di solito ammezzire è sinonimo di corrompere, marcire, in questo caso invece serve a rendere il frutto commestibile. L’ammezzimento delle sorbole avviene sulla paglia, finchè raggiungono una colorazione marrone, ecco spiegato il proverbio popolare “Con il tempo e la paglia maturano le sorbe”, senza fretta e con perizia si ottiene il risultato sperato, che, come nel caso delle sorbole è dolcissimo.
Come si mangiano le sorbole?
Ai romani piacevano al vino o sott’aceto, oggi si trovano raramente e, come spesso accade (vedi le giuggiole), sono una prelibatezza da cultori. Anche ora se ne consiglia il consumo con il vino oppure essiccate al sole. Una certa popolarità sembra avere anche il sorbetto alle sorbole. Come per le giuggiole sono ottimi i liquori, le confetture e le salse da abbinare ai formaggi.
Benefici
Le sorbole contengono vitamina C, calcio, potassio, zinco, acido malico e magnesio. La buccia non va eliminata in quanto ricca di composti fenolici. Questi frutti hanno diverse proprietà, sono astringenti, diuretici, rinfrescanti, detergenti e tonificanti. La vitamina C conferisce loro un alto valore antiossidante dunque di protezione dai radicali liberi. Sempre in virtù della vitamina C le sorbole aiutano la produzione del collagene (prezioso per l’elasticità della pelle) e supportano un buon funzionamento delle difese immunitarie.
Quando maturano?
In autunno, nei mesi di ottobre e novembre.
Curiosità
A questi frutti dimenticati veniva attribuito un potere magico, quasi di ponte fra il terreno e il divino. Del resto, nel mondo contadino, in Emilia Romagna (dove le chiamano anche corbelle o carbelle), il carico di sorbole di un albero viene usato come indicatore delle nevicate dell’inverno in arrivo, più l’albero è carico e più nevicherà. Dalle sorbe (come dalle mele e da altri frutti) si ricava il sorbitolo, alternativa allo zucchero, a basso apporto calorico. Le sorbole vengono celebrate insieme agli altri prodotti quasi perduti proprio alla Festa dei frutti dimenticati a Càsola Valsenio, in provincia di Ravenna. La festa si tiene il secondo e terzo weekend di ottobre ed è una buona occasione per riscoprire o scoprire frutti ignoti ai più e difficili da trovare come la rosa canina, le giuggiole e le nespole. Il sorbo, tra le piante scordate, è speciale, oltre a essere esteticamente bello, dal suo legno si estrae un liquido adatto alla tintura delle stoffe mentre il tannino ricavato dalle foglie un tempo veniva impiegato per la concia delle pelli. È magico, legge il futuro, protegge dai cattivi influssi, i suoi frutti fanno bene, è proprio il caso di dirlo: sorbole!
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